Si è tolto la vita Roberto Zaccaria, il 64enne che si era finto la fidanzata di Daniele e con il quale aveva chattato per circa un anno. Il giovane 24enne dopo un anno ha scoperto che Irene, la ragazza conosciuta online, era in realtà un uomo di mezza età, originario di Forlimpopoli, in provincia di Forlì-Cesena. A ritrovare ieri 6 novembre il suo corpo è stata la madre.
Se Daniele si è suicidato per non aver sopportato la realtà dei fatti, dall’altra il 64enne non ha retto il processo mediatico che si è venuto a creare sul suo conto. Anche Le Iene lo scorso martedì hanno affrontato l’argomento, raccogliendo la denuncia della madre, con un servizio che ha ripercorso la vicenda. In quest’occasione è stato intervistato Zaccaria, che seppur con un’immagine oscurata le persone in paese hanno riconosciuto.
In questa vicenda non ci sono né vittime e né carnefici, o almeno tra i diretti interessati. Le responsabilità sono della stampa che si è accanita sull’uomo e probabilmente della mentalità del paese, che non permette spesso alle persone di vivere ed esprimere se stessi e la propria natura.
Si è finto la fidanzata in chat: il processo mediatico contro di lui
Pier Paolo Benini, l’avvocato di Roberto Zaccaria, l’uomo che si è finto la fidanzata del 24enne di Forlì, ha raccontato all’edizione bolognese di Repubblica come il suo assistito fosse stato posto alla gogna mediatica e di quanto ciò abbia influito sul suo triste epilogo:
Doveva venire da me domani (oggi, ndr) per fare denuncia, penso contro chi lo aveva messo alla gogna in tv e sul web. Ma si vede che non ce l’ha fatta più.
Nei suoi confronti c’è stata un’istigazione al suicidio, a Forlimpopoli è apparso pure un manifesto contro di lui. I media lo hanno accusato di aver portato al suicidio Daniele, ma io credo che in quella vicenda non ci sia alcun nesso eziologico con la morte del ragazzo.
Si è finto la fidanzata in chat: perché si arriva a tanto
L’uomo che si è finto la fidanzata di Daniele, e ieri si è tolto la vita, ha ricevuto un decreto penale di condanna per sostituzione di persona con 825 euro da pagare. Ma riguardo alla morte del giovane, penalmente, non gli è stata attribuita nessuna colpa. Ad accusarlo invece è stata l’opinione pubblica e i media che lo hanno tacciato come responsabile, senza considerare il fatto che lui stesso potesse essere una vittima.
Vivere in un paesino può avergli impedito di esprimere le sue più intime inclinazioni spingendo a reprimerle a tal punto da sfociare attraverso il gioco di costruire una falsa identità, in cui potersi finalmente sentire libero.
Se la società imparasse ad accettare davvero l’altro, non giudicandolo, forse questi episodi non si verificherebbero.
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