Anna Melnychok, 17 anni, ha appena cominciato una nuova vita grazie a una neurotuta. In poco tempo, la giovane ha vissuto esperienze che molti neanche possono immaginare. È scappata dalla guerra, Anna. Fuggendo dagli orori di Kiev ha avuto un incidente stradale.
È così che, in coma, è stata affidata alle cure del dottor Maurizio Beatrici, direttore di Neuroriabilitazione al Cto di Torino. Poi, la bella notizia: Anna apre gli occhi. E adesso la vita continua attraverso una neurotuta. Vediamo di cosa si tratta.
Un nuova vita con la neurotuta
I Måneskin sono la band preferita di Anna. È con le note di una loro canzone che, a maggio, la profuga ucraina si è svegliata. Aveva riportato un politrauma e un grave trauma cranio encefalico.
Adesso la diciassettenne ha iniziato un percorso di riabilitazione fisica e psicologica, supportata dalla neurotuta consegnata dall’Officina Ortopedica Mollii Maria Adelaide.
Cos’è la neurotuta
La neurotuta, che ha un costo di 5.800 euro, è un extrastimolatore formato da maglia e pantalone su cui sono posizionati 58 elettrodi gestiti da una centralina portata in vita dal paziente. Questo strumento, che deve essere usato un’ora ogni 48, è utile a diminuire o eliminare la spasticità e serve a facilitare il recupero della mobilità. Si tratta di un tesoro prezioso, disponibile in trenta taglie, che può essere utile per la sclerosi multipla, in caso di paraspasticità o di ictus.
Anna ha ricevuto questa tuta grazie al contributo dell’ASL, all’associazione “Tutte giù per terra” e al Sermig. Adesso, mentre la indossa, è accanto alla mamma e all’equipe dei medici. Sorride, Anna, e fa un cuoricino con le mani.
Le parole dei medici
Anna fa, ogni giorno, piccoli grandi progressi, grazie alla sua forza di volontà e alla neurotuta. Il dottor Beatrici, che da mesi segue la diciassettenne insieme al suo staff, ha dichiarato:
Anna è arrivata in coma, con un grosso impasse: quello della lingua sconosciuta, e quando si è svegliata ha mostrato tutto il suo terrore negli occhi, anche quando la si stimolava. Ma per lei si è presentata una grande opportunità. È un mezzo in più per gestire le alterazioni portate da un danno cerebrale.
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