“L’anima non è un monolite. Ha bisogno di tante sfumature”. Roberto Vecchioni ha compiuto 80 anni e al “Corriere della Sera” ha parlato dei suoi sogni che non si sono ancora completamente realizzati, e dei suoi due momenti più belli della vita:
Sono due. Il primo è il grande, grande amore per mia moglie. L’averla vista, incontrata, ha riempito la mia vita.
Fino ad oggi. Chiamerei quel ragazzo di trentasette anni e gli direi: “Guarda quella ragazza, falla voltare, parlale. Lei ti cambierà la vita”.
Il secondo è aver capito la possibilità che esista Dio.
Con immenso affetto ha ricordato anche suo figlio, scomparso lo scorso 18 aprile:
Arrigo, me lo rivedo dentro, continuamente.
Roberto Vecchioni: “Prima non vedevo Dio”
“Ero curiosissimo”. Roberto Vecchioni ha iniziato a leggere il greco a 10 anni e leggeva, moltissimo, tanto che la lettura è “diventata la lingua della mia vita”. La passione per la musica è nata fin da piccolo con Elvis Presley, Paul Anka, Bruce Springsteen, Cat Stevens, ed elogia Lucio Battisti e Ivano Fossati. E la sua carriera è nata in un modo particolare:
Dopo quattro lezioni il maestro di chitarra è tornato da mia madre e le ha detto: “Le ridò i soldi, suo figlio di musica non capisce niente“. Ho iniziato così.
Soltanto di recente, invece, ha compreso l’esistenza di Dio e l’ha spiegato attraverso il linguaggio che conosce meglio, attraverso le parole di una canzone:
Non l’avevo capita né quando ero sulle barricate all’università, né dopo, per tutto il tempo che ho vissuto. Non vedevo.
Ma c’è una canzone che riesce a spiegare chi è Dio.
Roberto Vecchioni: “Ho capito che deve esserci qualcosa”
Il cantautore ha cercato di parafrasare Dio attraverso “La stazione di Zima”:
Nasce da Evtuscenko. Io sono in treno con una persona, con qualcuno che è probabilmente con Lui. Mi dice “vieni con me, ti porto in un posto meraviglioso”. E io rispondo di no. Sono ancora nell’incertezza tra il laico e il sacro.
Dico no e scendo alla prima stazione che c’è, Zima.
C’è un solo vaso di fiori ed una sola luce, che si rompe sempre. Però è la terra e io voglio vivere.
Pensavo, come dice Pasternak, voglio vivere prima tutta la vita e poi vediamo se… Ma in quel vediamo c’era già l’idea che non tutto finisse in questa sala.
E proprio riflettendo su questa canzone, sulle fragilità umane e sulle ingiustizie nel mondo, la rivelazione:
Mi sono detto che non può non esserci una contropartita. Deve esserci qualcosa, perché non può finire così.
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Il cantautore su suo figlio Arrigo: “È stato il crollo del mondo, non delle certezze”
Il cantautore ha definito la sua perdita del suo Arrigo come una “cesura tra una vita e un’altra”, sottolineando uno dei suoi migliori pregi: la sensibilità. E ha citato Eschilo per comprendere cosa significa dire addio a un figlio, “si impara soffrendo”:
Non l’ho presa come un’ingiustizia. Questo no, assolutamente no. È stato il crollo del mondo, dell’universo, ma non di certezze e ideali.
E poi lo sento dentro fortissimo, mio figlio. Lo sento intensamente.
Roberto Vecchioni ha rivelato anche un aneddoto:
Tornando dall’ospedale vicino Piacenza dove lui andava a fare terapia, abbiamo preso la Statale per andare a Desenzano ed era piena di autovelox.
Gli ho detto “Facciamo una cosa: tu guida, passa, ogni volta che c’è un autovelox te lo dico e tu rallenti”. Abbiamo fatto questa strada di corsa e sembrava la vita, proprio.
Ma poi “ci hanno beccati” e la stessa vita ha messo Roberto a dura prova, dovendo dire addio all’Adorato figlio:
Lui non lo sapeva, cosa sarebbe stato di sé. Ma mi avrebbe sicuramente detto: “Padre, tu non smettere mai di correre per quella strada“.
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