Vaccinazioni e prevenzione: tutto ciò che devi sapere

Le vaccinazioni sono una strategia di prevenzione dalle malattie infettive che ha rivoluzionato il progresso medico. Ecco come agiscono e perché sono importanti per proteggere la salute individuale e della comunità.

Marianna Chiuchiolo
Marianna Chiuchiolo
Giornalista con studi in Mediazione Linguistica, una formazione da teatrante e una generale tendenza a perdersi nei vicoli di una fervida immaginazione. Ama in egual misura la scienza e la poesia e si spende da tempo per la crociata della Mental Health Awareness come missione di vita.
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Camminare lungo via Edoardo Jenner è ogni volta un memento di quanto le intuizioni più laterali possano rivoluzionare il progresso scientifico. Da quel lontano 1796, il binomio vaccinazioni e prevenzione delle malattie è diventato un concetto basilare della scienza medica, che negli anni si è evoluto apportando solidi benefici sia a livello individuale che societario.

Ma come funzionano esattamente i vaccini, quali sono quelli più importanti e perché alcuni di essi non vengono più somministrati? In questo articolo approfondiremo uno degli argomenti più interessanti, e ultimamente spesso fraintesi, della storia della medicina.

Come funzionano i vaccini?

Vaccinazioni e prevenzione delle malattie vanno di pari passo. I vaccini, infatti, sono una strategia primaria di prevenzione dalle malattie infettive.

Lo scopo delle vaccinazioni è indurre una risposta del sistema immunitario nella persona vaccinata simile a quella scatenata dall’infezione naturale, ma senza l’insorgenza dei sintomi. Ciò avviene introducendo nell’organismo un agente patogeno riconoscibile ma inattivo, in modo da stimolare i linfociti a produrre anticorpi specifici per contrastarlo.

Questo processo prende il nome di immunizzazione ed è noto da molti secoli: i tristemente celebri monatti menzionati da Manzoni ne I promessi sposi erano persone sopravvissute alla peste, che potevano quindi circolare con tranquillità tra i malati poiché il loro organismo possedeva già gli anticorpi per difendersi dal batterio responsabile della malattia. Lo stesso concetto si applica alla pratica, comune fino a circa un secolo fa, di portare i bambini a visitare amichetti colpiti da malattie come la varicella, allo scopo di contagiarsi e di conseguenza immunizzarsi.

La differenza fondamentale con il processo di immunizzazione indotto da un vaccino e quello che avviene in maniera naturale attraverso il contagio sta nei rischi di quest’ultima pratica rispetto alla vaccinazione.

Il contagio attivo con una malattia porta all’insorgenza dei sintomi, che possono essere anche gravi o mortali, e la risposta immunitaria richiede un processo più lungo e potenzialmente molto più pericoloso. Con il vaccino è possibile scatenare una riposta immunitaria più veloce e controllata prima che l’esposizione all’agente patogeno avvenga, con un rischio notevolmente più basso.

Quando sono stati scoperti i vaccini?

Edward Jenner effettua il promo vaccino della storia

Per comprendere come funzionano i vaccini e in che modo riescano a prevenire il contagio da una malattia infettiva, facciamo un passo indietro, nell’Inghilterra del 1796, dove il già menzionato Edward Jenner riuscì, grazie al suo spirito di osservazione, a riscrivere le sorti della battaglia contro il vaiolo che imperversava in Europa mietendo migliaia di vittime.

Praticando la medicina in località di campagna, Jenner si rese conto che i pazienti che contraevano la variante bovina del vaiolo, i cui sintomi erano molto più blandi, non si infettavano con la variante umana una volta guariti. Guidato dalla sua intuizione, inoculò materiale infettivo prelevato da una donna affetta da vaiolo bovino nel braccio di un ragazzo. A distanza di mesi, quest’ultimo fu esposto alla variante umana del vaiolo, ma il virus non attecchì. Da qui la pratica prese il nome di vaccino – poiché i primi immunizzati avevano contratto l’infezione con materiale prelevato da vacche – e portò alla totale eradicazione della malattia nel giro di due secoli.

Seguendo il ragionamento di Jenner, altre tipologie di vaccino furono sperimentate nei secoli successivi: il siero antidifterico e antitetanico, che faceva uso di un’antitossina, quello per la rabbia, che utilizzava virus inattivi, e soprattutto quello contro la poliomielite nella prima metà del ‘900, che portò alla prima campagna di vaccinazione su scala mondiale.

Il concetto alla base era sempre lo stesso: somministrare una versione attenuata dell’agente patogeno poteva innescare la produzione di anticorpi specifici nell’organismo senza metterlo in grave pericolo.

Quanti tipi di vaccini esistono?

C’è un motivo se vaccinazioni e prevenzione delle malattie vanno a braccetto: grazie al progresso scientifico, le diverse tipologie di vaccini variano anche notevolmente in base alla componente utilizzata per indurre la risposta immunitaria. Secondo l’Agenzia Italiana del Farmaco, esistono 5 categorie principali di vaccini:

  1. Vaccini vivi attenuati. Questa tipologia di vaccino fa uso di microrganismi vivi ma notevolmente indeboliti. Le vaccinazioni per febbre gialla e tubercolosi fanno parte di questa categoria, così come molte vaccinazioni somministrate in età pediatrica, come quella per il morbillo, la rosolia o la varicella
  2. Vaccini inattivati. In questo caso, nell’organismo vengono iniettati virus o batteri morti. Le profilassi per l’epatite A e l’antipolio rientrano in questa categoria
  3. Vaccini ad antigeni purificati. In questo caso non vengono utilizzati virus o batteri interi, ma solo le parti e i componenti che interagiscono direttamente con l’organismo, e che prendono il nome di antigeni. Il vaccino contro la meningite appartiene a questo gruppo
  4. Vaccini ad anatossine/tossoidi. Questa tipologia di vaccini utilizza le proteine rilasciate dal microrganismo specifico che causano la malattia, e che prendono il nome di tossine. In questo gruppo rientrano la profilassi antitetanica e antidifterica
  5. Vaccini a DNA ricombinante. Realizzati grazie alle biotecnologie, vengono prodotti a partire da porzioni del DNA dei microrganismi che codificano un determinato antigene. In questa categoria troviamo il vaccino per l’epatite B

A seconda delle componenti attive contenute al loro interno, le vaccinazioni si dividono in monovalenti o multivalenti: le prime sono in grado di prevenire una sola malattia, mentre le seconde contengono più antigeni e possono agire contro più malattie con una sola somministrazione.

Vaccinazioni e prevenzione delle malattie

Vaccinazioni e prevenzione delle malattie effettuati su una bambina

La prevenzione dalle malattie attraverso i vaccini arriva in molte forme. La maggior parte delle vaccinazioni avviene tramite inoculazione. In base allo scopo e alle tempistiche con cui le vaccinazioni vengono somministrate, parleremo di:

  • Prevenzione primaria. In questa categoria rientrano le vaccinazioni effettuate per la prevenzione del contagio da malattie infettive, particolarmente in soggetti a rischio, prima che si venga esposti all’agente patogeno. Gran parte dei vaccini sono somministrati come strategia di prevenzione primaria, ad esempio quelli per la difterite, il morbillo o la rosolia, ma anche quelli per l’influenza stagionale
  • Prevenzione secondaria. In questa categoria rientrano le profilassi post-esposizione, cioè i vaccini effettuati a scopo preventivo dopo che si è venuti a contatto con un agente patogeno. Alcuni esempi sono la vaccinazione antirabbica o quella antitetanica
  • Prevenzione contro i tumori di origine infettiva, come nel caso del vaccino anti papillomavirus o quello antiepatite B. Sono in corso di studio, particolarmente in ambito oncologico, anche vaccini a scopo terapeutico, il cui obiettivo è stimolare risposte immunitarie dirette contro le neoplasie

In alcuni casi è necessario ripetere la somministrazione del vaccino a distanza di tempo perché l’organismo mantenga la cosiddetta memoria immunologica del microrganismo. Queste vaccinazioni cadenzate prendono il nome di richiami e si applicano in particolare ai vaccini che fanno uso di agenti patogeni inattivi.

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Importanza delle vaccinazioni

La protezione della salute individuale e dell’intera società passa spesso attraverso il binomio vaccinazioni e prevenzione delle malattie. Questo perché i vaccini non proteggono solo chi viene sottoposto a essi, ma l’intera comunità in senso più lato.

Protezione individuale attraverso l’immunizzazione

Il primo evidente vantaggio di vaccinazioni e prevenzione delle malattie sta nella protezione dai rischi di queste ultime a livello individuale. Ciò vale sia per patologie infettive, come tubercolosi, morbillo o una semplice ma fastidiosa influenza, sia per patologie non contagiose, come ad esempio il tetano.

Protezione della comunità grazie all’immunità di gregge

Un vantaggio secondario, seppur fondamentale, offerto dai vaccini è lo sviluppo della cosiddetta immunità di gregge.

Il principio alla base di quest’ultima sta nella difficoltà crescente di trasmissione dell’agente patogeno all’interno di un gruppo sociale i cui individui sono per la maggior parte immunizzati. In parole povere, più persone sono immuni all’attacco di un virus o un batterio, più è difficile per questi ultimi essere trasportati da un organismo all’altro fino a trovarne uno in cui attecchire. Se la percentuale di persone immuni supera un valore detto soglia di trasmissione, si è protetti dal contagio anche se non tutti sono vaccinati.

Ciò è particolarmente utile per le persone che non possono sottoporsi a vaccinazione, come ad esempio gli individui immunosoppressi o quelli a rischio a causa di patologie croniche pregresse, che così corrono meno rischi di contrarre malattie pericolose.

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Vaccini fondamentali per la prevenzione

bambina in età scolare attende di essere vaccinata

Ma quali sono i vaccini fondamentali per la prevenzione delle malattie infettive? Governi e Istituzioni hanno modificato, nel corso degli anni, l’elenco delle vaccinazioni obbligatorie e raccomandate, in base a come lo stato clinico della società è cambiato.

Alcune vaccinazioni, come quella contro il vaiolo, non sono più praticate a seguito del debellamento della malattia, mentre altre sono diventate obbligatorie come misura preventiva in periodi in cui il rischio di focolai è aumentato.

Ad oggi, le vaccinazioni obbligatorie in Italia – da effettuare tra l’infanzia e l’adolescenza – sono 10: antipolio, antidifterica, antitetanica, antiepatite B, antipertosse, anti Haemophilus influenzae B, antimorbillo, antirosolia, antiparotite e antivaricella.

A ciò si aggiungono diverse vaccinazioni raccomandate, alcune delle quali possono essere effettuate anche in età adulta. In particolare:

  • Vaccino anti-meningococco B, nei neonati
  • Vaccino anti-meningococco C, nei bambini e negli adolescenti
  • Vaccino anti-pneumococco, nei bambini e negli adulti over 65
  • Vaccino anti-difterite-tetano-pertosse, negli adulti con richiamo ogni 10 anni circa
  • Vaccino anti Herpes Zoster, negli adulti, gratuito per gli over 65
  • Vaccino antiepatite A, negli adulti a rischio
  • Vaccino antiepatite B, negli adulti non precedentemente vaccinati

A ciò si aggiungono vaccini e profilassi specifiche in caso di viaggi all’estero in zone con focolai infettivi, come ad esempio la profilassi antimalarica o il vaccino contro la dengue.

Miti da sfatare: i vaccini non causano autismo

Concludiamo facendo luce su un aspetto divisivo delle vaccinazioni.

A causa di quella che fu in seguito definita una vera e propria frode scientifica, la pratica di sottoporre i bambini a vaccinazioni per la prevenzione delle malattie è stata di recente al centro di una serie di contestazioni. A seguito della diffusione di teorie senza base scientifica, una fetta di popolazione, poi definita no-vax, si è dichiarata contraria alla pratica, a seguito di presunti casi di autismo correlati alla somministrazione di vaccinazioni in tenera età.

Il caso Wakefield

Le motivazioni addotte dai contestatori fanno riferimento al cosiddetto caso Wakfield, sebbene non tengano conto di tutti gli sviluppi della vicenda.

Sulla prestigiosa rivista The Lancet fu pubblicato nel 1998 un articolo, a firma di 12 coautori guidati dal medico Andrew Wakefield, nel quale si ipotizzava una correlazione fra il vaccino trivalente MPR e lo sviluppo di disturbi dello spettro autistico, causati da un’infiammazione della parete intestinale con passaggio in circolo di peptidi encefalotossici.

Questo portò alla diffusione di preoccupazioni e paure tra la popolazione, in particolare tra le persone con figli, che cominciarono a opporsi alla pratica delle vaccinazioni in età pediatrica.

Lo studio, però, fu smentito da tutte le principali autorità sanitarie mondiali, con una comunicazione ufficiale del General Medical Council britannico che, nel 2010, stabiliva che i dati riportati nella ricerca erano stati falsificati. La stessa The Lancet ritirò l’articolo entro qualche giorno, e Wakefield fu radiato dall’ordine nel 2012.

Studi recenti

Sebbene alcuni vedano tuttora in Wakefield un martire come altri prima di lui, l’evidenza scientifica disponibile ad oggi dimostra l’efficacia dei vaccini e l’assenza di correlazioni con lo sviluppo di autismo. Del resto, non è isolato il caso di medici sedicenti esperti di autismo che hanno appoggiato le teorie cosiddette eretiche, per poi venire smentiti pubblicamente.

Tra gli studi più recenti in materia, vale la pena di menzionare in particolare un paper pubblicato nel 2013 sul Journal of Pediatrics dal titolo Increasing Exposure to Antibody-Stimulating Proteins and Polysaccharides in Vaccines Is Not Associated with Risk of Autism, relativo a una ricerca condotta su circa 1000 bambini che ha ulteriormente confermato l’assenza di un nesso tra vaccini e autismo.

Leggi anche: Possibile svolta nella cura del cancro: AI trova le cellule in grado di uccidere i tumori

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