È stato appena sviluppato un nuovo materiale green che potrebbe essere in grado di assorbire gli inquinanti presenti nell’ambiente. Tale incredibile traguardo è stato raggiunto dal gruppo di ricerca guidato da Mauro Gemmi al Center for Materials Interfaces dell’Istituto Italiano di Tecnologia a Pontedera in provincia di Pisa, come riporta “ANSA”.
Lo studio, pubblicato sulla rivista scientifica “Crystal Growth and Design”, è stato condotto all’interno del progetto europeo NanED, che ha come obiettivo quello di ampliare le applicazioni della tecnica di diffrazione elettronica 3D in vari campi, come ad esempio dalla cristallografia delle proteine alla nanoelettronica o anche dalla chimica dello stato solido a quella organica.
Questa tecnica risulta particolarmente fondamentale a oggi in quanto è l’unica che fornisce dati sulla struttura cristallina dei nanocristalli. E il risultato della nuova ricerca, quindi, potrebbe davvero aiutare a ridurre inquinanti come ossidi di azoto, ossidi di zolfo e piombo.
Come è fatto il nuovo materiale green prodotto dal team di ricerca guidato da Mauro Gemmi?
Il nuovo materiale green fa parte della famiglia dei composti metallorganici, ossia Metal-Organic Framework, meglio conosciuti come Mof. Questi ultimi sono dei materiali cristallini porosi che presentano una struttura molto simile a quella di un’impalcatura di travi. Inoltre, il loro interno offre un vantaggio, tale spazio, infatti, può essere impiegato per immagazzinare gas, come ad esempio l’idrogeno, per assimilare possibili impurità presenti.
Ma come è stato ‘creato’ il nuovo Mof dal team di ricerca guidato da Mauro Gemmi al Center for Materials Interfaces dell’Istituto Italiano di Tecnologia a Pontedera? Il materiale green che potrebbe assorbire gli inquinanti ambientali è stato sintetizzato grazie a un processo di meccanochimica che unisce reagenti in un miscelatore senza l’aggiunta di solventi aggressivi.
L’obiettivo è stato quello di generare dei cristalli molto piccoli che di norma non possono essere analizzati per determinare la loro struttura. Il team di ricerca guidato da Gemmi, quindi, ha realizzato un nuovo Mof, unendo atomi di rame con ponti di acido protocatecuico, un composto che si trova anche, ad esempio, nell’uva spina e nelle cipolle.
Le parole di Mauro Gemmi sulla ricerca
Mauro Gemmi, come si legge sul sito di Center for Materials Interfaces dell’Istituto Italiano di Tecnologia, è uno dei massimi esperti nell’uso e applicazione della diffrazione elettronica a problemi di soluzione strutturale.
Ha lavorato in molti laboratori di microscopia elettronica in Europa, dall’Institut Néel Grenoble all’Università di Stoccolma. Dalla fine del 2010 è responsabile del laboratorio TEM del Center of Nanotechnology Innovation@NEST, dell’Istituto Italiano di Tecnologia a Pisa, Italia, divenendone poi coordinatore dal 2015 al 2021.
Attualmente è ricercatore dell’IIT presso il Center for Materials Interfaces di Pontedera grazie al cui team ha portato avanti l’importante studio citato sinora che ha portato alla creazione del nuovo Mof. Ecco le sue parole in merito, come riporta “ANSA”:
Attraverso la diffrazione elettronica in 3D, nella quale si usa un microscopio elettronico a trasmissione, abbiamo potuto studiare il modo in cui un minuscolo fascio di elettroni viene diffuso da questi nanoscopici, invisibili cristalli, determinando così come gli atomi sono disposti nelle diverse strutture tridimensionali.
La nostra expertise in cristallografia elettronica è stata fondamentale per potere studiare i nuovi materiali.
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