La violenza sulle donne lascia cicatrici nel DNA: “L’analisi del sangue previene altri traumi”

Violenza sulle donne, uno studio sul DNA può prevenire effetti gravi sulla salute a causa degli abusi subìti. La coordinatrice del progetto EpiWE: "Già in 70 hanno aderito e alcune di loro si sono anche raccontate".

Ilaria De Santis
Ilaria De Santis
Classe 1998. Esperta in Editoria e scrittura, è molto attenta ai dettagli, scrive poesie e canzoni ed è appassionata di musica, serie TV e sceneggiatura. “In tristitia hilaris, in hilaritate tristis”.
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Violenza sulle donne, gli abusi subìti e reiterati lasciano dei segni indelebili non solo sul corpo e sulla mente, ma anche nel DNA. Uno degli obiettivi di EpiWE, Epigenetics for Women, progetto di ricerca dell’Istituto Superiore di Sanità, è comprendere fino a che punto tali modifiche si prolunghino nel genoma e quanto dura l’effetto, in grado di prevenire eventuali danni sulla salute psicofisica.

Da poco è stato dato il via alla fase multicentrica e sempre più donne sono invitate a donare un campione biologico. Ecco cosa ha affermato la coordinatrice di EpiWE e ricercatrice del dipartimento Ambiente e Salute di ISS, Simona Gaudi:

Già 70 donne hanno risposto e aderito al progetto e alcune di loro si sono anche raccontate, hanno anche parzialmente descritto il tipo di violenza subita.

Per noi, e per tutte le donne, è un grande risultato.

Inoltre, chiunque volesse fornire il proprio contributo alla ricerca, può inviare una mail all’indirizzo [email protected].

Violenza sulle donne, in cosa consiste la nuova fase della ricerca?

La nuova fase di EpiWE, come riporta “Quotidiano Sanità”, prevede il coinvolgimento di cinque regioni, ossia Campania, Lazio, Lombardia, Liguria e Puglia. Lo scopo principale è coinvolgere il maggior numero di donne attraverso quattro prelievi di sangue in una durata di circa diciotto mesi, quindi, effettuandone uno ogni sei mesate.

Inoltre, i campioni biologici saranno esaminati assieme a dati sul benessere psicofisico, come ad esempio un questionario con 18 domande che sappia indicare la presenza o l’assenza di una possibile sindrome da stress post traumatico.

La ricercatrice del dipartimento Ambiente e Salute di ISS, Simona Gaudi, ha sottolineato l’importanza del progetto di EpiWE per tutte le vittime di violenza, come riporta “Quotidiano Sanità”:

Lo studio multicentrico prende il via grazie all’accordo di collaborazione tra il Ministero della salute-Centro nazionale per la prevenzione ed il controllo delle malattie (Ccm) e l’ISS.

L’azione Centrale del Ministero permetterà di avere un numero maggiore di donne da arruolare nella ricerca, per riuscire a studiare il profilo epigenetico non di pochi geni, come è stato fino ad ora, ma dell’intero genoma.

E di farlo con continuità, nel tempo avviando programmi di follow up, invitando le donne a donare nel corso del primo incontro dopo la violenza un campione biologico da analizzare, e anche a tornare a farlo ancora.

Il ruolo della sanità pubblica nella prevenzione contro la violenza sulle donne

violenza sulle donne, donna dice no

Rocco Bellantone, presidente dell’ISS, ha rivelato, come si legge su “Quotidiano Sanità” ha sottolineato qual è il ruolo della sanità pubblica nella lotta contro la violenza sulle donne:

L’ISS con le sue ricercatrici e i suoi ricercatori supporta programmi e azioni al fine di garantire a tutte le donne e a tutte le ragazze una vita senza violenza e senza le sue conseguenze sulla salute.

L’individuazione precoce, gli interventi adeguati e la cooperazione multidisciplinare sono fattori cruciali per contrastare la violenza di genere.

La ricerca pubblica e la sanità pubblica svolgono un ruolo centrale nell’individuazione dei fattori di rischio e di protezione e nella comprensione del legame tra la violenza e gli effetti a lungo termine sulla salute delle donne.

Questo lavoro transdisciplinare ha come obiettivo principale quello di proporre una serie di strategie innovative e/o d’interconnessione per garantire alla donna che ha subito violenza, un’assistenza di lungo periodo così da contrastare e limitare l’insorgenza di patologie croniche e non trasmissibili che potrebbero avere origine proprio dal trauma subìto.

Leggi anche: Anche le donne senza utero possono diventare mamme

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Classe 1998. Esperta in Editoria e scrittura, è molto attenta ai dettagli, scrive poesie e canzoni ed è appassionata di musica, serie TV e sceneggiatura. “In tristitia hilaris, in hilaritate tristis”.
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