Dal 2025 si potrà andare in pensione a 64 anni se si raggiunge la soglia minima di assegno necessario per poter uscire dal lavoro grazie al cumulo di importi, dovuti a un’eventuale adesione a un fondo di previdenza complementare. Questa è la novità introdotta grazie a un emendamento della Lega alla Legge di Bilancio per rendere più agevole ai dipendenti l’accesso alla pensione.
Che cosa cambia ora?
L’attuale normativa vigente consente di andare in pensione a 64 anni a tutti quei lavoratori in regime contributivo, quindi, con 20 anni di contribuiti, ma solo se l’importo dell’assegno che si percepirà è pari a tre volte la pensione minima per gli uomini e 2,8 per le donne.
Ma qual è la novità? Per raggiungere tale obiettivo si può attingere alla rendita del fondo previdenziale complementare. Per il momento, però, la platea potrebbe essere molto limitata, dal momento che i dipendenti che operano nel pieno regime contributivo hanno, al massimo 28 anni, di contributi. Perciò, entro il 2030 molti più lavoratori avranno i requisiti minimi.
Pensione a 64 anni, qual è l’obiettivo della Lega con la nuova modifica?
Il sottosegretario al Lavoro, Claudio Durigon, ha dichiarato in merito che l’emendamento Nisini avvantaggerà molti dipendenti:
Per la prima volta nella previdenza italiana si potranno cumulare la previdenza obbligatoria e quella complementare per raggiungere un assegno pensionistico pari a tre volte il minimo, riuscendo ad anticipare la pensione a 64 anni.
Con il provvedimento si interviene in tema pensionistico, affrontando concretamente il problema delle pensioni povere, destinate ad aumentare a fronte di un sistema contributivo che sarà più prevalente.
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