La ricercatrice Valentina Elce, della Scuola Imt Alti Studi di Lucca, ha condotto una ricerca finalizzata a comprendere il perché alcune persone riescono a ricordare i sogni fatti durante la notte. Lo studio è stato realizzato in collaborazione con l’Università di Camerino.
Elce ha analizzato le caratteristiche che un individuo deve avere per poter ricordare le proprie esperienze oniriche, rintracciando tra le principali l’essere introspettivi e avere un sonno leggero e di qualità. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Communications Psychology. Ecco come la ricercatrice ha spiegato i dati riscontrati.
Lo studio di Valentina Elce
Per rintracciare le caratteristiche peculiari dei sognatori, Valentina Elce ha condotto uno studio analizzando sonno ed esperienze oniriche di circa 200 volontari, con un’età compresa tra i 18 e i 70 anni. Le ricerche si sono protratte dal 2020 al 2024, anni durante i quali sono stati registrati quotidianamente, per 2 settimane, i sogni dei partecipanti. Nel frattempo, i dati cognitivi venivano monitorati, attraverso dispositivi indossati oppure test psicometrici.
Inoltre, ai volontari è stato consegnato un registratore, per raccontare l’esperienza onirica al risveglio, cioè se ricordassero di aver sognato e, in caso affermativo, se potessero dare ulteriori dettagli sul contenuto. L’esito della ricerca ha evidenziato come non è un caso ricordare i sogni e, soprattutto, che ci si può esercitare per poterlo fare. Questo è l’abstract dello studio, tradotto dall’inglese, pubblicato sulla rivista Communications Psychology:
È dimostrato che (quasi) tutti sognano durante il sonno e possono effettivamente farlo per gran parte della notte.
Tuttavia, il ricordo dei sogni mostra una grande variabilità interindividuale.
Comprendere i fattori che influenzano il ricordo dei sogni è fondamentale per far progredire le nostre conoscenze sull’origine, il significato e le funzioni dei sogni.
Abbiamo affrontato questo problema raccogliendo prospetticamente i resoconti dei sogni insieme a informazioni demografiche e misure psicometriche, cognitive, actigrafiche ed elettroencefalografiche in 217 adulti sani (18-70 anni, 116 partecipanti di sesso femminile e 101 di sesso maschile).
Abbiamo scoperto che l’atteggiamento verso il sogno, la propensione al mind wandering e i modelli di sonno sono associati alla probabilità di riferire un sogno al risveglio mattutino.
La probabilità di ricordare il contenuto dei sogni è stata predetta dall’età e dalla vulnerabilità alle interferenze.
Inoltre, il ricordo dei sogni sembra essere influenzato dai cambiamenti notturni nei modelli di sonno e mostra fluttuazioni stagionali.
I nostri risultati forniscono una spiegazione alle precedenti osservazioni sulla variabilità inter- e intra-individuale del ricordo dei sogni mattutini.
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Il commento di Valentina Elce
In un’intervista all’ANSA, Valentina Elce ha commentato i risultati ottenuti, specificando che nonostante tutta l’attrezzatura a disposizione, la fonte più affidabile per ottenere dei dati è l’esperienza diretta dell’individuo:
Sono tanti i fattori che influenzano i sogni e non è facile individuarli perché per analizzarli occorre affidarsi per buona parte alla testimonianza della stessa persona ma è possibile individuare alcune caratteristiche comuni.
È emerso che a ricordare meglio i sogni sono soprattutto le persone con un atteggiamento positivo verso i sogni, ossia coloro che ci si focalizzano e hanno una tendenza introspettiva.
Ma non è chiaro il nesso causa-effetto, ossia se il ricordo sia dovuto a queste tendenze o, viceversa, proprio l’esperienza dei sogni spinga le persone a indagare sui propri sogni.
Inoltre, dalla ricerca è emerso che chi sperimenta periodi di sonno più lunghi e leggeri hanno maggiore possibilità di ricordare le proprie esperienze oniriche al risveglio. A influire potrebbero essere anche le capacità cognitive della persona, tant’è che a dare un riscontro positivo sono stati soprattutto i soggetti giovani:
Abbiamo però anche osservato che è possibile fare qualcosa per migliorare il ricordo dei sogni e un ottimo esercizio è focalizzarsi sull’esperienza del sonno al risveglio, prima di alzarsi.
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Sognare a occhi aperti fa bene
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La conclusione a cui si è arrivati attraverso lo studio è che chi sogna a occhi aperti, anche di giorno, non ha problemi a ricordare le esperienze oniriche della notte. Valentina Elce, a tal proposito, sostiene che: “Vagare con la mente di giorno e sognare di notte sono attività che coinvolgono probabilmente gli stessi circuiti cerebrali“.
Un altro autore della ricerca, Giulio Bernardi, ha aggiunto che la volontà di intraprendere lo studio è nata durante il periodo della pandemia, quando molte persone hanno riportato di aver aumentato il numero di sogni fatti. Il momento migliore per sognare coincide con i minuti che precedono il risveglio, mentre a incrementare le esperienze oniriche è la personalità dell’individuo: fantasiosa, con la testa fra le nuvole e la tendenza a fantasticare durante il giorno, perché vengono coinvolti gli stessi circuiti cerebrali attivati durante i sogni.
Quando si ricordano meglio i sogni?
Dai dati della ricerca è emerso che i periodi in cui si ricordano di più i sogni sono le mezze stagioni. Questo succede, secondo le ipotesi dei ricercatori, perché in primavera e autunno viene favorito un riposo profondo. Tale fase avviene nella prima parte della notte, quando si prepara il cervello per la fase successiva, cioè la Rem.