Lorenzo Quinn, scultore italiano nonché emblema dell’arte figurativa, arriva anche in Sicilia e porta a Palermo il suo ‘dono’, l’opera Give, due mani giganti, simbolo di pace e integrazione sociale.
Sul sagrato della Cattedrale, la scultura fa la sua apparizione il 18 dicembre e si prevede resterà in esposizione fino al 30 marzo 2021.
Tra entusiasmo e spietate critiche di banalità e moralismo, Give guadagna lo spazio urbano palermitano e, vista la sua imponenza, non esime neanche i più distratti dal gettare uno sguardo, contemplare, valutare e porsi domande.
Give di Lorenzo Quinn
Con una tecnica scultorea che integra materiali nuovi a quelli sperimentali, Lorenzo Quinn crea Give, una massiccia scultura in resina e materiale riciclato che raffigura due enormi mani bianche, quella di un uomo e di una donna che insieme sostengono una pianta di ulivo.
Già esposta nel cuore del Giardino di Boboli a Firenze, Give, in inglese ‘donare’, come suggerisce lo stesso nome, vorrebbe far riflettere sull’importanza di dare, senza ricevere, come fa la natura.
Al messaggio di carità e benevolenza, nonché unione e fratellanza, si unisce quello della sostenibilità ambientale, del rispetto e dell’amore per ciò che ci circonda e che senza chiedere nulla in cambio ci è stato offerto.
L’opera è parte di un progetto più ampio, realizzato grazie alla collaborazione delle Nazioni Unite e che culminerà al Palazzo di Vetro di New York in cui una delle mani esposte sarà di colore nero. Lo scopo è di incalzare contro le disuguaglianze sociali e richiamare con ancora più forza il messaggio di protesta di Black lives matter.
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Lorenzo Quinn e le sue opere
Figlio della nota star hollywoodiana, Anthony Quinn, e della costumista veneziana Iolanda Addolori, lo sculture è ormai noto in tutto il mondo per le sue opere inconfondibili.
Impossibile non riconoscere il marchio Quinn: le sue creazioni non solo sono così imponenti e massicce da passare difficilmente inosservate, soprattutto grazie alla loro capacità di vincere spazi pubblici, ma hanno un soggetto privilegiato: mani, sempre mani e ancora mani.
Si ricorderanno le due braccia che nel 2017 spuntavano dal Canal Grande di Venezia e che, come un mostro di Loch Ness che fendeva le acque, emergevano a sorreggere uno dei tanti palazzi circostanti. Oppure, ancora meglio, verrà a questo punto spontaneo associare all’artista l’immagine di quelle dodici mani di ben 15 metri ciascuna, che nel 2019, sempre nel capoluogo del Veneto, ordinate a coppie, formavano un ponte.
Lorenzo Quinn e la presentazione di Give
Mentre Quinn presenta la sua opera commentando:
nella vita per ricevere bisogna dare. il mio vuole essere un messaggio di speranza. La mano dell’uomo è mia, quella della donna è di una modella, la loro unione rappresenta l’umanità.
Il bianco è il colore della purezza e dell’innocenza, della colomba e della pace. Per questo ho scelto di offrire un ulivo come messaggio universale.
E il Primo Cittadino di Palermo incalza con entusiasmo:
Grazie a ‘Give’, onfermiamo che bellezza, etica ed estetica sono indissolubilmente collegate, che l’una senza le altre non ha ragione di esistere o è vuota.
In questo Natale certamente diverso dagli altri, con questo ‘dono’ si rafforza la collaborazione e la sintonia tra Comune e Curia con un’opera che è in grande sintonia col cammino della città, delle sue istituzioni, della sua società civile
L’accoglienza dell’opera di direbbe invece tutt’altro che positiva.
L’aspra critica all’opera di Quinn
È dalla collaborazione tra l’artista, la società Once srl, il Comune di Palermo e l’Arcidiocesi guidata da Monsignor Lorefice, che Give sbarca nel capoluogo siciliano. Populista, banale, scontata e moraleggiante, la scultura sembrerebbe essere l’esito della scelta di chi di arte contemporanea se ne intende molto poco.
La critica più severa è verso quel simbolismo ormai strabusato, il gigante buono che arriva e porta il suo messaggio di bene, amore e fratellanza che inesorabilmente riconduce a una pedagogia fiabesca e a un perbenismo dal sapore davvero insipido.
Se alla vista della scultura il primo pensiero è quello del posacenere che si ha in camera o la pubblicità della Valfrutta, forse all’opera di Quinn manca davvero quello spessore che ci si aspetta da un’arte degna di questo nome. E suona troppo ironico che per molti il vero ‘dono’ arriverà quando la scultura verrà finalmente rimossa?
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Qual è il valore dell’arte?
De gustibus non disputandum, nulla da ribattere e a ognuno la sua arte. Il valore artistico di un’opera è forse in fin dei conti troppo soggettivo e personale per essere vagliato e decretato attraverso standard oggettivi e universali. Tuttavia, non è la prima volta che le opere di Lorenzo Quinn sono nel mirino delle polemiche più ardite e sfrontate.
A deludere, forse, nel caso delle giganti mani è proprio il venir meno di quella possibilità di riflessione, introspezione e interpretazione intima, di fatto impossibili in un’opera palesemente su misura per la massa, in una scultura che la compiace con quel didattismo scolastico e cattolico del ‘fare bene fa bene’ e del ‘l’amore è dare senza chiedere’.
Che la sindrome di Stendhal sia da riservare ai capolavori da museo può aver una sua logica, ma che un’arte aperta e pensata per tutti non debba scadere nella banalità e in cliché da giornaletti e spot pubblicitari è l’auspicio di tutti coloro concordano che le opere debbano avere un unico grande requisito: emozionare.