“Non si vaccina per un virus già contratto, sia esso influenza stagionale, epatite o rosalia” spiega il direttore scientifico del Centro Ricerche Altamedica di Roma, Claudio Giorlandino. Allo stesso modo, il rischio di inoculare un vaccino anti-Covid a chi ha già contratto il virus, magari senza saperlo, oltre a escludere il beneficio del siero, “potrebbe comportare, invece, una pericolosa risposta immunitaria”.
Dunque, attenzione dice l’esperto: “Non si può vaccinare a tappeto senza conoscere lo stato immunitario e sierologico dei soggetti”.
Serve uno screening sierologico prima del vaccino
La questione interessa sicuramente una gran fetta della popolazione, e cioè tutti coloro che hanno contratto il virus “naturalmente” e ne sono guariti. Ma, soprattutto, riguarda tutti coloro che hanno contratto il virus, magari senza accorgersene, i cosiddetti soggetti asintomatici, e che hanno comunque sviluppato una risposta immunitaria al Covid. Spiega il professor Giorlandino:
“Come emerge dalla letteratura scientifica, chi ha contratto il virus ed è guarito ha sviluppato una risposta immunitaria completa e la possibilità di contagiarsi di nuovo o ammalarsi costituisce una rara eccezione”. Nello specifico, finora si è osservato “un solo caso su centinaia di milioni”.
Ma cosa succede se un soggetto che è stato asintomatico, e dunque è inconsapevolmente già immunizzato, si sottopone a vaccinazione?
“Nella migliore delle ipotesi – spiega il direttore scientifico del Centro Ricerche Altamedica di Roma – sarebbe inutile e avrebbe sottratto un vaccino a chi ne ha bisogno. Nella peggiore, potrebbe provocare una reazione avversa”.
Infatti, per dirlo ancora con le parole del professor Giorlandino, si è osservata “un’esagerata risposta anticorpale che colpisce chi è già protetto da una precedente immunizzazione”. E proprio “in questo contesto si vanno a inserire il gran numero di eventi avversi al vaccino che si stanno verificando”.
Inoculando il siero anti-Covid su un soggetto già immune, “si potrebbe addirittura determinare un aumento dell’aggressività del virus, invece dell’attesa protezione dell’organismo” dice il professore. È quello che la letteratura scientifica internazionale chiama meccanismo Antibody-Dependent Enhancement (ADE), cioè il potenziamento anticorpo-dipendente.
Da qui, la necessità di valutare con un test sierologico l’eventuale presenza di anticorpi nel soggetto prima di praticare una vaccinazione.
Gli immuni al Covid non hanno bisogno del vaccino, Giorlandino: “Il rischio è una risposta immunitaria impropria e pericolosa”
Il vaccino è sicuramente la nostra migliore arma contro il virus Sars-Cov-2, ma come è assolutamente importante farlo, è altrettanto importare prevenire la possibilità di un’eventuale risposta immunitaria avversa al farmaco. Come fare allora? “Serve un impiego dei vaccini più razionale” suggerisce il professor Giorlandino, che conclude :
Per evitare tali eventi avversi e non sprecare dosi di vaccini, sembra necessario effettuare prima della vaccinazione uno screening sierologico con tecnica di immunocromatografia per rilevare l’eventuale presenza di anticorpi.
È evidente che non si vaccina per un virus già contratto, che sia influenza stagionale, epatite, rosolia. È infatti escluso ogni beneficio per chi ha avuto il virus inoculato, anzi si rischia una impropria e pericolosa risposta immunitaria.
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