Chiara Ferragni colpisce ancora e lo fa al cinema, breve analisi su Unposted

Silvia Buffo
Silvia Buffo
Silvia Buffo, 1985, giornalista. Ha fondato e dirige Il Digitale. Formazione classica e filologica, un dottorato di ricerca in Letteratura italiana, sui legami tra scrittura e nuovi media. “La bellezza è promessa di felicità” è il suo motto, che ha delicatamente rubato a Stendhal.
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Chiara Ferragni colpisce ancora e lo fa al cinema: 1.601.499 euro di incasso totale in 393 sale, oltre 160 mila spettatori in tre giorni. ‘Unposted‘, il docufilm che indaga il fenomeno Ferragni, diretto da Elisa Amoruso e presentato all’ultima Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia, uscito il 17 settembre, è stato proiettato per tre giorni nelle sale italiane. Il film ha raggiunto ogni giorno lo stesso incasso, in controtendenza rispetto al suo genere. A livello cinematografico è di fatto un prodotto atipico, che vede in simultanea il rimbalzo social nelle fasi di promozione e nel post evento, sottolineando anche in questa occasione come Chiara Ferragni riesca a essere un modello di marketing vincente a tutto tondo, suggerendo alle produzioni come fare a creare suspense e interesse mediatico attorno al film.

Un pubblico molto social

Una considerazione c’è da fare anche sul pubblico, anch’esso atipico, sono gli stessi utenti social, ragazze ambiziose, gente del marketing e studiosi, ma principalmente sono webers poco abituati a frequentare le sale dei grandi schermi. Anche questa è una grande forza, perché avvicina i nativi digitali a un’arte antica come il cinema che auspicabilmente non sarà schiacciata dai nuovi media. Prima di passare agli aspetti positivi del docufilm, unica nota dolente è che appare leggermente celebrativo, ma non è autoprodotto, la produzione è infatti di Memo Films e, se si pensa al personaggio influencer Chiara Ferragni, è un difetto che si perdona facilmente perché il suo lavoro è lavorare sull’amplificazione della propria immagine e pare che le riesca benissimo, soprattutto se a produrre un film su di lei non è lei stessa.

Vale la pena vederlo perché riesce a ispirare

Il film racconta una Chiara Ferragni che conquista i mercati della moda e del lusso attraverso i social media, stravolgendo i modelli di marketing digitale dell’ultimo decennio. Oggi, a trentadue anni è a capo di due aziende, di cui The Blonde Salad è diventata un case study della Business School di Harvard, e ha 17 milioni di follower: è la più potente influencer di moda nel mondo secondo Forbes, ma è anche la ragazza della porta accanto, una ragazza di provincia che si è fatta da sola, partendo da Cremona alla conquista del mondo, incarna perfettamente il riscatto femminile nella società del momento, divenendone un’icona. Ma il film non è solo un resoconto di questo, è un ritratto della persona, con le sue debolezze, fragilità e paure, il dolore profondo per gli haters, come anche la paura della felicità stessa e di gestire un successo senza eguali, che quasi sembrebbe eccessivo per un comune mortale, è un guardare indietro al passato, all’infanzia, alla sua educazione, all’importanza dell’amore e del modello familiare, al temperamento e le passioni di bambina che già lasciavano intravedere un pizzico della donna futura, una donna che ha dovuto sfidare la perfezione, riuscendo a conquistarla. “Come si comporterebbe la Chiara che vorrei in questa occasione”? Sembra essere questo il suo segreto, agire per volontà del suo io ideale e raggiungere così la vita dei sogni. Il film è un’immersione nei meccanismi psicologici che hanno fatto di lei Chiara Ferragni.

La voglia di fare che si trasforma in qualcosa di grande

La rivoluzione digitale ha cambiato le regole del gioco, e oggi viviamo ancora in una sorta di medioevo, con un codice etico ancora ridotto e con una responsabilità immensa da parte di influencer in ciò che vanno a promuovere ma che non sempre viene onorata. Chiara Ferragni è leader e pioniera dell’era del cambiamento e il film, se da una parte è la celebrazione del suo successo, spiegato attraverso contributi esterni di esperti che ne forniscono un’analisi a tutto tondo, è anche un invito a credere sempre in se stessi, a seguire la propria personale passione poiché un giorno, sorprendentemente, potrebbe spianare la strada a un’inattesa rivoluzione.

  di Silvia Buffo  

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Silvia Buffo, 1985, giornalista. Ha fondato e dirige Il Digitale. Formazione classica e filologica, un dottorato di ricerca in Letteratura italiana, sui legami tra scrittura e nuovi media. “La bellezza è promessa di felicità” è il suo motto, che ha delicatamente rubato a Stendhal.
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