Cos’è la barriera di bolle che impedisce alla plastica di finire in mare

La prima barriera di bolle è stata realizzata ad Amsterdam nel 2019. Il progetto, finanziato dall'UE, è quello di portare questa tecnologia nel resto d'Europa.

Michela Sacchetti
Michela Sacchetti
Intuitiva, con un occhio attento alla realtà e alla sua evoluzione, attraverso una lente di irrinunciabile positività. Vede sempre nella difficoltà un’occasione preziosa per migliorarsi da cogliere con entusiasmo.
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Una barriera di bolle che cattura gli oggetti di plastica prima che si riversino in mare. Si tratta dell’innovazione di una star up olandese.

Grazie a questa barriera la plastica che inquina i fiumi, per poi finire nei nostri oceani, viene catturata. Per far ciò si utilizza un compressore che, tramite un tubo forato nel letto del fiume, pompa l’aria che fuoriesce dai fori creando delle bolle le quali spingono la plastica verso l’alto.

Il tubo è posizionato in modo che i rifiuti sono spinti verso le sponde, per poi venir rimossi dopo essere passati all’interno dei collettori. La start up olandese che ha realizzato il progetto si chiama The Great Bubble Barrier. L’idea di realizzare una barriera che non è fisica ha voluto tener conto sia della vita acquatica sia della navigazione.

Barriera di bolle: l’innovazione pronta ad espandersi

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La prima barriera di bolle ad essere stata realizzata è stata ad Amsterdam nel 2019 ed è tuttora attiva, funzionando 24 ore al giorno e 7 giorni alla settimana. La barriera, secondo i test effettuati, sarebbe in grado di catturare l’86% della plastica che si trova lungo il fiume.

Le bolle possono catturare la plastica fino a 1 millimetro di grandezza, permettendo il passaggio dei pesci. Il progetto sta collaborando con The Plastic Soup Foundation, un’organizzazione che esamina la quantità e la qualità della plastica catturata, al fine di individuare le marche più comuni dei rifiuti per poi contattare i produttori di imballaggi e invitarli a trovare un’alternativa sostenibile.

Il prossimo obiettivo di The Great Bubble Barrier, il cui progetto è stato finanziato dall’UE, è quello di portare la tecnologia delle bolle anche fuori dal proprio Paese. Per l’estate 2022 è prevista un’installazione nel distretto di Porto, in Portogallo. Si tratta di una zona molto inquinata che va a danneggiare lo stesso Oceano in quanto i fiumi si riversano direttamente nell’Oceano Atlantico.

Barriera di bolle: qual è la situazione attuale

Ogni anno, secondo la rivista Nature, dai fiumi si riversano in mare tra 1,15 e 2,41 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica. Si tratta dell’80% della plastica che si trova negli oceani.

Siamo noi ad inquinare ma allo stesso tempo siano gli stessi a subirne le cattive conseguenze. Secondo uno studio dell’università di Newcastle a settimana ingeriremmo una media di 5 grammi di plastica. La plastica infatti che galleggia nei nostri mari e fiumi viene mangiata dai pesci e molluschi, senza tener conto delle microplastiche, minuscoli pezzettini di plastica di lunghezza inferiore ai 5 millimetri, che ingeriamo tramite l’acqua che beviamo.

Leggi anche: Plastica monouso ai tempi del Covid: 70mila tonnellate annue in più solo in Italia

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