Il decreto legislativo approvato dal Consiglio dei ministri il 31 marzo ha introdotto delle importanti novità nell’articolo 7, per recepire la direttiva Ue 2019/1152.
La bozza approvata e proposta dal Presidente Mario Draghi e dal ministro del lavoro Andrea Orlandi, prevede maggior chiarezza e prevedibilità nelle informazioni contrattuali e nelle prestazioni da svolgere.
La novità fa riferimento al periodo di prova per nuovi assunti, che in Italia prevede regole più rigide rispetto agli altri paesi dell’Unione Europea.
I principi europei ai quali attenersi
I principi comunitari ai quali l’Italia dovrà attenersi prevedono:
- un periodo di prova non superiore ai sei mesi; in via eccezionale può essere superiore ma ciò dipenderà dalla natura dell’impiego e dall’interesse del lavoratore
- qualora ci siano delle assenze nel periodo di prova quest’ultimo si prolungherà in modo proporzionale
- in caso di rinnovo del contratto per le stesse mansioni e per gli stessi compiti non è necessario attenersi ad un nuovo periodo di prova
- nei contratti di lavoro a tempo determinato il periodo di prova deve essere proporzionato alla natura dell’impiego e alla durata
Si può superare il limite dei sei mesi a patto che questo sia giustificato da una particolare complessità delle mansioni o se sia nell’interesse del lavoratore.
Le assenze e i contratti a termine
Il periodo di pratica può essere prorogato in caso di assenze per infortunio, malattia, congedo di maternità e di paternità. Mentre in caso di altre tipologie di assenze derivanti da ferie o permessi non è previsto una proroga del periodo di prova.
Per i contratti a termine il nostro ordinamento non prevede un tempo per il periodo di prova, anche se dovrebbe corrispondere alla durata del contratto.
La novità stabilita nel nuovo decreto prevede che il periodo di pratica sia adeguato alla durata del contratto e alle mansioni da svolgere.
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