Si sono intensificati gli scontri dopo l’annunciata vittoria del Presidente in carica Alexander Lukashenko con l’80% circa di voti a Minsk, capitale della Bielorussia. Una notte caratterizzata da paura, violenze e repressione della polizia questa postelezioni in Bielorussia dove Lukashenko “regna” indiscusso dal 1994, e considerato “l’ultimo dittatore d’Europa”. Non si vedevano movimenti di protesta con una così ampia partecipazione alle elezioni nel paese dall’indipendenza dall’Urss (dicembre 1991). Un’opposizione al governo in carica senza precedenti e che è tutta al femminile nella sua rappresentanza, sebbene decise fossero le minacce delle autorità e i tentativi di estromissione (riusciti in gran parte) dalle elezioni. Infatti, l’opposizione, guidata da Svetlana Tikhanovskaya, nota per essere la moglie del famoso blogger e attivista antigovernativo Sergei Tikhanovsky, insieme a Veronika Tsepkalo e Maria Kolesnikova, aveva come peculiarità l’esser composta dalle mogli degli uomini opposti a Lukashenko, arrestati, estromessi dalle elezioni o fuggiti per paura di ripercussioni. Lo scopo finale non era quello di governare, si legge nelle dichiarazioni della leader, ma quello di “transitare” verso reali elezioni trasparenti e democratiche (subito, in 6 mesi), accessibili liberamente a chiunque.
Il potere di Lukashenko e la “dittatura”
Lukashenko, 65 anni, detiene un potere saldo e incontrastato sul paese dell’est Europa, questo nonostante la crisi economica derivata dalla recente pandemia. Pandemia che il leader del governo bielorusso ha più volte negato e ridicolizzato, nonostante anche la Bielorussia abbia contato circa 600 vittime da coronavirus. Lukashenko, che nel 1991 fu l’unico deputato bielorusso a votare contro lo scioglimento dell’Unione Sovietica, ha vinto ogni elezione dal 1994, grazie a un controllo “totalitario” dei media e a una repressione sistematica delle opposizioni. Anche a livello internazionale è riuscito a giustificare una conduzione autoritaria del potere mantenendo ruolo chiave, ma ambiguo, nei rapporti diplomatici e nei legami economici con la Russia e con l’Unione Europa.
I brogli e gli scontri a Minsk
Ad ora sono di un morto, decine di feriti e più di 200 arresti i numeri che stanno interessando questi momenti la capitale Minsk. Una contestazione dura alle elezioni che sono state accusate da più parti di non essere state trasparenti e corrette. Una serie di accuse mosse dall’opposizione che punta il dito verso Lukashenko e chiede a gran voce, anche con i movimenti in strada, di ripetere le elezioni con un maggiore controllo e maggiore trasparenza, un vera applicazione pratica della democrazia. Elezioni che non hanno avuto la partecipazione degli osservatori dell’OSCE (Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa), e che sono state precedute da arresti, intimidazioni e una scarsa sorveglianza dei seggi elettorali, in particolare delle urne che per svariate ore sono state in balia di “ignoti”.
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