giovedì, 20 Febbraio 2025
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Chi era Musta, ucciso dall’assessore leghista: “Non stava bene, andava assistito”

Youns El Boussettaoui detto “Musta” soffriva di problemi psichiatrici e da anni era seguito dagli assistenti sociali. La sorella lo difende e fa appello alla giustizia italiana.

Michela Sacchetti
Michela Sacchetti
Intuitiva, con un occhio attento alla realtà e alla sua evoluzione, attraverso una lente di irrinunciabile positività. Vede sempre nella difficoltà un’occasione preziosa per migliorarsi da cogliere con entusiasmo.

Si chiamava Youns El Boussettaoui detto “Musta” il 39enne ucciso dall’assessore leghista Massimo Adriatici a Voghera, in provincia di Pavia.

Chi lo conosceva parlava di lui come di “un bravo ragazzo che chiedeva qualche soldo” e che non sempre era stato un senzatetto. “Un tempo lavorava: ha una moglie e un figlio e il padre a Novara, racconta chi frequentava il bar e lo conosceva, come riporta Il Messaggero.

Adriatici ha raccontato al magistrato di esser dapprima intervenuto perché Musta stava infastidendo alcuni clienti del bar La Versa di Voghera e che il colpo di pistola sarebbe partito accidentalmente, dopo esser caduto a terra perché spinto dalla vittima.

L’assessore leghista ora è agli arresti domiciliari con l’accusa di omicidio colposo per eccesso di legittima difesa.

“Musta”, ucciso dall’assessore leghista: cosa dicono di lui

ucciso dall'assessore leghista_musta

Da quando la madre era morta Musta aveva iniziato a vivere per strada. L’uomo ucciso dall’assessore leghista aveva diversi precedenti e c’è chi lo descrive come “uno capace solo di andare in giro a spaccare vetrine e a dare fastidi”.

Marco Verghi, un residente di Voghera che conosceva il 39enne marocchino ha raccontato all’Ansa della condizione di disagio in cui versava l’uomo:

Io lo conosco perché due tre volte al giorno passa qui davanti al bar e fa dei dispetti: butta via lo zucchero, va contro le persone e lancia i posaceneri.

Poverino non sta bene di testa, poi è sempre tutto sporco.

Ha poi sottolineato che si trattava di una persona in difficoltà, che avrebbe avuto bisogno delle cure necessarie alla sua condizione, ben lontano dalla descrizione di un violento pluripregiudicato:

L’altro giorno ci ho parlato in arabo mentre stava facendo dispetti al bar qui vicino, e mi ha detto: ‘Va bene, capo, scusami non lo faccio più’.

Si tratta di una vittima del sistema, andava assistito.

Ciò è avvalorato anche da alcune fonti vicine alla famiglia. Come riportato da Agi, pare che l’uomo ucciso dall’assessore leghista circa tre settimane fa fosse stato sottoposto ad un Tso (Trattamento Sanitario Obbligatorio) e che i problemi psichici dell’uomo si fossero acuiti durante il lockdown.

Ricoverato in una struttura di Vercelli era scappato perché voleva tornare a Voghera, dove per anni era stato seguito dagli assistenti sociali.

Youns, l’uomo ucciso dall’assessore leghista: vittima del sistema

Gianpietro Santamaria, coordinatore di Buona Destra Voghera, ha sottolineato il fatto che con il cambio dell’amministrazione comunale i senza fissa dimora siano stati trascurati.

Ecco cosa ha raccontato a Fanpage.it:

Non era una persona pericolosa. Era una persona che non stava bene e che aveva bisogno di assistenza. Con il cambio dell’amministrazione i clochard sono diventati un problema di sicurezza.

E anche Youns era considerato un peso. L’assessorato alle Politiche sociali durante la pandemia ha tagliato 151 assegni sociali di 150 euro destinato alle persone in difficoltà.

La sorella dell’uomo ucciso dall’assessore leghista: “Mio fratello non molestava le persone”

ucciso dall'assesore leghista_la sorella

La sorella di Musta, l’uomo ucciso dall’assessore leghista, intervistata da Zona Bianca, programma in onda il mercoledì in prima serata su Rete 4, ha difeso la memoria del fratello scomparso:

Mio fratello ha due bambini, uno di 8 anni e uno di 5.

Noi lo abbiamo portato tante volte a casa. Lui preferisce, si sente più tranquillo a dormire sulle panchine.

L’altro giorno l’ha visto mio marito, è venuto a prenderlo”, ha detto, aggiungendo “Non è vero che mio fratello molestava le persone.

Ha poi aggiunto di volere giustizia per il fratello:

Mio fratello è stato sparato e l’assassino si trova a casa sua che dorme. Dov’è la legge in Italia? Mio fratello non aveva un fucile, non era violento.

Perché quell’uomo aveva una pistola carica? Lui è un avvocato, non un poliziotto.

Leggi anche: Carlo Giuliani, 20 anni dai tragici fatti del G8 di Genova, il padre: “Mio figlio non meritava di morire”

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Michela Sacchetti
Michela Sacchetti
Intuitiva, con un occhio attento alla realtà e alla sua evoluzione, attraverso una lente di irrinunciabile positività. Vede sempre nella difficoltà un’occasione preziosa per migliorarsi da cogliere con entusiasmo.

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