“Non impiccate il professor Junaid Hafeez”: oltre 1500 persone hanno firmato la petizione su Change.org per salvare dalla condanna a morte il professore pakistano colpevole di essersi espresso pubblicamente in sostegno dei diritti delle donne. Da sempre impegnato in difesa dei diritti umani, lo scorso 21 dicembre Junaid Hafeez è stato condannato a morte dal governo del suo paese per il reato di blasfemia. La sentenza, in verità, non è che l’ultimo capitolo di una storia che va avanti da ben 7 anni. Hafeez, infatti, venne arrestato la prima volta nel 2013 e da allora ha vissuto sempre in isolamento, in particolare dopo l’assassinio del suo avvocato difensore, avvenuto nel 2014. Le sue posizioni in favore della parità di genere sono considerate un’offesa all’Islam in un paese in cui il reato di blasfemia è non solo riconosciuto, ma spesso tirato in ballo per mettere a tacere voci troppo scomode. Così si legge nel testo della petizione:
La legge sulla blasfemia è uno strumento che può essere utilizzato contro chiunque in qualsiasi momento. Le leggi impediscono alle persone di parlare non solo riguardo alla religione ma anche su tematiche come i diritti delle donne. Ad oggi hanno ridotto al silenzio attiviste e attivisti per i diritti delle donne, per i diritti umani, giornalisti, professori e cittadini comuni.
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Vive da recluso dal 2013 per le sue convinzioni in favore dei diritti umani
La storia di attivismo del professore è cominciata al rientro da un periodo di formazione negli Stati Uniti come borsista del Programma Fulbright. Dopo il suo soggiorno nel Mississippi, Junaid è rientrato in patria per insegnare all’Università Bahauddin Zakariya a Multan, nella regione del Punjab. Il suo intento era insegnare ai suoi studenti non solo la letteratura, ma anche il concetto di giustizia sociale, in particolare riguardo ai diritti delle donne. Una decisione che gli è costata la libertà e ora, forse, anche la vita. Mentre ci si aggrappa alla speranza che il verdetto venga ribaltato, il web si sta mobilitando in favore di Junaid. La petizione è ancora attiva e raccoglie sempre più firme. Nel frattempo la sua storia sta facendo il giro del mondo ed è stata raccontata dai più influenti media internazionali e da associazioni del calibro di Amnesty International. Leggi anche: “Orgogliosa della mia identità”, Miss Universo è un’attivista per i diritti delle donne di Marianna Chiuchiolo