Epidemia sismica. Alle 2 del mattino di lunedì 5 febbraio due forti terremoti hanno colpito la Turchia e il nord della Siria, uno alle 2:17 e a l’altro alle 11:24, raggiungendo rispettivamente una magnitudo di 7,8 e 7,5 secondo la Scala Richter. Queste due scosse rientrano in una serie sismica causata dall’incontro di quattro placche, Anatolica, Arabica, Euroasiatica e Africana, che continuando a scontrarsi accumulano energia fino all’attivazione della faglia.
La placca Anatolica è scivolata di circa tre metri sovrapponendosi verso sud-ovest rispetto alla placca Arabica generando una faglia transcorrente a bassa profondità. L’area interessata è considerata a più alta attività sismica nel Mediterraneo.
Epidemia sismica: cos’è e cosa può accadere in futuro
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Il termine epidemia sismica descrive la situazione corrispondente a un aumento del numero di terremoti in una determinata area. Si tratta di un fenomeno causato da svariati fattori come la fratturazione delle faglie, la deformazione delle rocce circostanti e la variazione delle pressioni idrostatiche.
Riguardo alla possibilità che possa scatenarsi un’epidemia sismica il professor Carlo Doglioni, presidente dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, ha espresso la sua opinione. Ecco cosa ha dichiarato a Il Corriere della Sera:
La lacerazione ha coinvolto una zona lunga 190 chilometri e larga 25 scuotendo violentemente il suolo e provocando una sequenza che ha raggiunto i due picchi più intensi a distanza di nove ore uno dall’altro.
La terra ha continuato a tremare e a distruggere con intensità spesso rilevante, intorno ai 5-6 gradi della Scala Richter. Intanto si è aggiunta pure un’infinità di sussulti minori, circa 200 già nelle prime ore.
Secondo l’esperto il fenomeno può durare giorni, mesi e addirittura anni. Fino a quando l’energia accumulata non sarà rilasciata il fenomeno proseguirà. Doglioni ha inoltre precisato che la faglia si sarebbe chiusa ma data la criticità della penisola anatolica, non è possibile escludere eventi analoghi in futuro.
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