Una nuova barriera corallina è stata scoperta in Australia, dopo 120 anni che non si facevano ritrovamenti del genere. Un team di scienziati guidato da Robin Beaman della James Cook University, grazie a un robot di nome SuBastian, ha individuato, proprio nei pressi della Grande Barriera, un’impressionante guglia sommersa, fino allo scorso 25 ottobre nascosta e sconosciuta. Una ‘ventata d’aria fresca’ per l’ecosistema marino e le moltissime specie che lo abitano.
La nuova barriera corallina in Australia
Seppure non immune alle conseguenze delle attività antropiche, cambiamento climatico e acidificazione degli oceani, la barriera corallina rinvenuta in Australia, perlopiù intatta, sembra un colosso difficile da abbattere. Più alta di 500 metri ed estesa per ben un chilometro e mezzo, la barriera corallina scoperta al largo delle coste del Queensland supera moltissimi dei nostri grattacieli, l’Empire State Building, ad esempio, con i suoi 443 metri di altezza, il più alto fino al 1973.
Separata dal corpo principale della Grande Barriera e rintracciata nel corso di una mappatura di quest’ultima, la scoperta della barriera corallina dello scorso ottobre ha dell’incredibile: erano 120 anni che non veniva rinvenuto qualcosa di simile. L’impressionante guglia sommersa è riuscita a schivare l’occhio indiscreto dell’uomo per circa 20 milioni di anni, ma non quello del ROV sottomarino SuBastian.
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L’impressionante scoperta sottomarina
Il 20 ottobre, il team di scienziati dello Schmidt Ocean Institute, a bordo della nave di ricerca Falkor si imbatte nella straordinaria formazione corallina. Ad approfondire e certificare il sensazionale rinvenimento viene mandando il 25 ottobre il ROV sottomarino SuBastian.
Quello che viene alla luce è un impressionante ecosistema marino, vivo e popolato da tantissimi coralli, pesci e pure una popolazione di squali. L’habitat quasi incontaminato è la dimora di milioni di specie uniche e, magari, persino ancora sconosciute.
La barriera corallina: un tesoro dell’abisso da custodire e preservare
Questa scoperta inattesa dimostra che continuiamo a trovare strutture sconosciute e nuove specie nei nostri oceani.
Commenta Wendy Schimdt, cofondatrice dello Schmidt Ocean Institute. Se la terra continua a nascondere tesori, se ne stimano milioni sepolti nell’abisso, da quelli dimenticati da antichi pirati a quelli gelosamente custoditi da madre natura. Il tesoro trovato in Australia non è soltanto una ricchezza da aggiungere all’incommensurabile patrimonio naturale che conosciamo, ma è anche simbolo di un mistero degli abissi ancora lungi dall’essere svelato.
Esistono buone ragioni per supporre che la barriera rinvenuta sia solo una delle tante e rare bellezze protette dal buio dell’oceano e dalla profondità dei fondali, e la stessa Smidt aggiunge:
La nostra conoscenza di cosa si nasconde nell’oceano è stata a lungo limitata.
Oggi, grazie a nuove tecnologie che agiscono come se fossero i nostri occhi, le nostre orecchie e le nostre mani nelle profondità degli abissi, abbiamo la capacità di esplorare come mai prima d’ora. Davanti a noi si spalancano nuovi paesaggi oceanici, che ci rivelano gli ecosistemi e le varie forme di vita che condividono il pianeta con noi.
Le nuove tecnologie, nonché l’intenso lavoro di atenei e enti di ricerca, porterà presto a far emergere nuove realtà inabissate, nuove e, magari, più sane. Lontani dal livello del mare questi ecosistemi soffrono meno l’azione antropica: sbiancamento e degrado sembrano incedere meno avaramente in queste oscure e remote regioni, ma ciò non solleva dal dovere di averne cura e salvaguardarle.
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