Appena un bambino nasce viene subito affidato alle braccia della mamma per il primo contatto skin to skin, in cui iniziano a conoscersi per la prima volta. Tale avvicinamento giova alla salute sia della donna sia del piccolo e per promuovere e garantire maggiormente il loro benessere è necessario che venga predisposto anche il rooming-in. Ma che cos’è? Si tratta della pratica per cui mamma e neonato condividono la stessa stanza nel periodo immediatamente successivo al parto.
Il rooming-in viene fortemente sostenuto dal Ministero della Salute. Lo scorso 2 ottobre è stato pubblicato in merito un documento, Benessere della coppia madre-bambino e sicurezza del neonato: il rooming-in, in cui si legge che il servizio deve essere attivo in qualsiasi punto nascita per un maggior sostegno emotivo e psicologico per le neomamme.
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Che cos’è il rooming-in?
Il documento Benessere della coppia madre-bambino e sicurezza del neonato: il rooming-in spiega più nel dettaglio cosa si intende con tale termine:
Il rooming-in prevede la permanenza e l’assistenza di mamma e neonato in una stessa stanza del Punto Nascita durante la degenza nei giorni successivi al parto da parte di figure professionali specificatamente identificate tra quelle previste nelle unità di degenza materno-infantili.
In condizioni fisiologiche o a basso rischio costituisce uno standard assistenziale di riferimento che, col supporto e la supervisione del personale sanitario, risulta appropriato per la maggioranza delle coppie madre-neonato.
Quali sono i benefici per mamme e bambini?
Il rooming-in, ossia la condivisione della stanza, apporta numerosi benefici sia per le mamme sia per i neonati, come si legge ancora nel documento del Ministero della Salute:
- facilita l’avvio all’allattamento
- riduce il rischio di infezioni ospedaliere e facilita la colonizzazione con germi materni
- incoraggia l’empowerment femminile e l’autonomia materna
- favorisce la gestione del proprio bambino, per una dimissione protetta
Ma tutte le mamme e neonati possono ricorrere al rooming-in? Anche in tal caso il Ministero della Salute offre una precisa risposta:
Il rooming-in può rappresentare per alcune donne un’esperienza impegnativa ed intensa, specialmente quando le condizioni generali fisiche e/o psicologiche non siano ottimali.
In questi casi l’équipe sanitaria, in maniera individualizzata e d’intesa con la madre, valuta l’applicabilità e la continuità del rooming-in.
Il rooming-in può essere incentivato non solo dal personale medico, ma anche da persone vicine alla neomamma: “La presenza del partner (o di altra persona di fiducia) può contribuire in maniera determinante ad aiutare e sostenere la madre, dandole modo di accudire con maggior facilità il proprio bambino”.
Quando inizia il rooming-in e perché farlo?
La condivisione della stanza madre-neonato inizia quando ― come afferma ancora il Ministero ― la prima è “in grado di rispondere, dopo il parto, alle richieste del bambino e prosegue durante tutto il periodo di ospedalizzazione”. Di norma viene preposto quando si verifica l’accettazione ostetrica nell’area puerperio, ed è valido sia di giorno sia di notte.
Per far sì che il rooming-in sia ottimale, è richiesta la supervisione costante del personale medico competente e le strutture ospedaliere devono garantire il massimo comfort sia a mamme sia ai bambini, predisponendo spazi più ampi e servizi igienici in camera.
Il Ministero della Salute sottolinea anche che “la separazione madre-neonato conseguente all’eventuale decisione di non avviare il rooming-in, porta a perdita di benefici per entrambi, per cui deve essere sempre il risultato di una scelta ben ponderata”.
Con il rooming-in il personale sanitario può monitorare lo stato di salute di mamme e bambini post-partum, affrontando, se dovessero esserci, segnali di disagio, favorendo il loro benessere nel momento successivo alla nascita.
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