Deltacron è una variante ibrida chiamata così perché considerata un mix di mutazioni di Omicron e Delta, e circolerebbe da inizio gennaio 2022.
La prima prova della sua esistenza è stata data su GISAID dall’Istituto Pasteur di Parigi che avrebbe confermato, tramite sequenziamento, la struttura del virus ricombinante, derivato dalla ricombinazione tra la variante Delta e Omicron.
Secondo gli scienziati la spina dorsale deriva da Delta mentre il picco, cioè la parte del virus che si attacca alle cellule umane, proviene da Omicron.
Deltacron: variante o errore di laborario
I prima a far menzione della variante Deltacron sono stati i ricercatori dell’Università di Cipro. In seguito si è parlato di un errore di laboratorio, confermato dagli stessi ricercatori dell’università cipriota qualche settimana dopo, con la rimozione della sequenza della variate Deltacron dalla banca dati genomica GISAD.
La variante è poi riemersa in un documento dell’agenzia sanitaria del Regno Unito. Al momento Deltacron, indicata con il nome di Delta x Omicron Recombinant, risulta essere in una fase di monitoraggio e indagine da parte degli enti sanitari britannici. Da come riporta il Mirror Deltacron è stata rilevata in un paziente. E da lì che l’UKHSA, agenzia sanitaria del Regno Unito, ha iniziato le procedure di monitoraggio.
Il virus è presente in diversi paesi, oltre a Francia e Stati Uniti, dove pare che circolava già da gennaio, anche Paesi Bassi, Danimarca e Regno Unito.
Deltacron: come avvengono le ricombinazioni?
Le ricombinazioni sono un fenomeno frequente. Fin dall’inizio della pandemia sono circolate le varianti e può accadere che una persona venga contagiata da due forme distinte. Ed è così che si verificano i fenomeni di ricombinazione. Nello specifico si verifica che all’interno di una stesa cellula, di un soggetto infettato da due diverse varianti, ci sia uno scambio di materiale genetico.
Ecco cosa ha spiegato, riguardo alla ricombinazione, l’Agenzia francese per la Sanità pubblica:
Questo fenomeno di ricombinazione è frequente in SARS-CoV-2, come mostrato in uno studio americano condotto su 1,6 milioni di genomi SARS-CoV-2 che ha identificato il 2,7% di ricombinanti.
Nella maggior parte dei casi, i due virus sono geneticamente simili e il ricombinante presenta un profilo genetico analogo a quello dei virus parentali, per cui gli ibridi sono difficili da rilevare e non sono generalmente di interesse per la salute pubblica.
Tuttavia, la diffusione globale del patogeno ha prodotto nel tempo una grande divergenza genetica tra i diversi lignaggi di Sars-Cov-2, rendendo i ricombinanti più facilmente identificabili perché originati da varianti più divergenti.
Leggi anche: Ucraina, OMS consiglia chiusura dei laboratori sanitari: “Rischio fuga virus”