Ecco la storia della signora Anna Maria, 79 anni l’8 dicembre, malata di Alzheimer, finita in ospedale dopo una caduta e spostata in varie Rsa per la riabilitazione durante il lockdown. La figlia Francesca: “Nessuno se ne prendeva cura. Ho deciso di farlo io e ho salvato mia madre dal Covid”.
Anna Maria ricoverata in Rsa prima del lockdown
La signora Anna Maria è stata ricoverata in una Rsa poco prima che scattasse il lockdown a marzo. La figlia Francesca racconta a Repubblica di non aver più visto la madre fino a giugno a causa dell’incubo delle Rsa che conosciamo ormai, purtroppo, molto bene:
Dal 4 marzo, e fino al primo giugno scorso, non l’ho più vista. Solo in videochiamata. Quando io e mia sorella l’abbiamo incontrata di persona, ci ha preso un colpo: era magrissima, scheletrica, pesava 39 chili – prima 69 – per 1,75 di altezza.
Adesso sta bene, anche se è in sedia a rotelle. Finalmente è a casa.
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La trafila di Anna Maria nelle Rsa
Francesca Benecchi, 51 anni, racconta che sua madre Anna Maria dopo essere caduta in casa e aver sbattuto la testa, è stata ricoverata all’ospedale di Civitavecchia. Un mese dopo la signora è stata portata in una casa di cura a Santa Marinella e successivamente in un’altra Rsa sempre a Civitavecchia. L’obiettivo, rivela la figlia Francesca a Repubblica, era di farle trascorrere all’interno della casa di cura soltanto il tempo di rimettersi in sesto. Purtroppo i piani di Francesca sono stati stravolti dall’arrivo della pandemia di coronavirus ed è iniziato il calvario:
Oltre a mia madre, pure il Covid è entrato nella casa di cura. L’accesso ai familiari è stato negato. Il virus si è propagato anche tra gli operatori. Molti anziani si sono contagiati, la metà sono morti.
Io potevo vedere mia madre solo tramite videochiamata per 5 minuti, al massimo 10, a volte neppure quelli. Vedevo solo il suo volto. Null’altro. Mi diceva che stava bene. E invece mangiava da sola, nessuno la controllava.
Sapevo che era in una stanza con tre anziani, di cui una positiva. Essendo risultata più volte negativa al tampone, è stata trasferita in un’altra struttura a Morlupo. E poi ancora in una Rsa a Tolfa.
Il rientro a casa di Anna Maria
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Quando la signora Anna Maria è ricoverata a Tolfa finalmente Francesca riesce ad incontrare la madre, a distanza. Anna Maria è rimasta sotto osservazione per qualche giorno, vedeva la figlia in una stanza da dietro a un vetro. Francesca ha deciso di prendere la madre dalla Rsa e portarla a casa:
Mi hanno chiamato per dirmi di raggiungerla e per vedere se le condizioni di mia madre fossero come quelle di quando l’avevo lasciata. Vedere che non si reggeva in piedi, è stato mentalmente devastante. Mi è crollato il mondo addosso.
Quel giorno non l’ho potuta neppure abbracciare. Quando mi hanno detto che potevo andarla a prendere, sono salita in macchina, l’ho presa e l’ho portata a casa. Pesava 42 chili. Adesso 47. Sta recuperando forza e peso. Mi sento fortunata.
Incubo nelle Rsa, anziani senza visite dall’inizio del Covid
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Moltissime persone si sono ritrovate nella condizione della famiglia di Francesca. Inoltre, in tantissimi non sono riusciti a vedere il loro parente ricoverato nemmeno in videochiamata, causa malattie gravi. Purtroppo, durante il picco della pandemia di Covid-19, migliaia di degenti di Rsa sono morti lontani dal conforto e dell’amore dei loro cari.
Qualcuno, più fortunato, è riuscito a fare visite a distanza, senza possibilità di contatto. In rari casi, invece, l’entrata dei parenti è stata autorizzata con tutte le necessarie precauzioni. In nessun caso, invece, risultano essere state concesse uscite dalle strutture dei malati non autosufficienti. Francesca è stata una delle poche a decidere di curare la madre in casa prelevandola definitivamente dalla Rsa.
Covid, nelle Rsa impatto meno drammatico di prima
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Arriva, però, fortunatamente una notizia positiva dal primo studio multicentrico osservazionale GeroCovid Rsa della Società Italiana di Gerontologia e Geriatria. Dalla ricerca emerge che nelle Rsa la trasmissione del contagio da coronavirus avviene con pochi sintomi e più lievi rispetto alla prima ondata dell’epidemia e un tasso di letalità del 19,2%. I dati sono stati analizzati da marzo all’otto novembre scorso in 59 strutture di Lombardia, Veneto, Toscana, Lazio, Calabria e Sicilia su 430 anziani Covid-positivi o sospetti Covid.
I risultati mostrano che durante la seconda ondata della pandemia i casi di Covid-19 registrati sono avvenuti solo in 9 strutture su 59 e la mortalità è risultata relativamente contenuta.
Dall’analisi sulle 9 Rsa con residenti positivi al virus è emerso che gli anziani con Covid-19 manifestano pochi sintomi: il 29% sviluppa febbre alta, il 20% ha difficoltà respiratorie e non ci sono stati casi di mancanza di gusto e olfatto.
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