martedì, 18 Marzo 2025
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La rivoluzione della gentilezza nella leadership femminile

Un pomeriggio tra le ragazze e i ragazzi di Ostia, per parlare di gentilezza come 'valore sostenibile' contro le disuguaglianze di genere.

Silvia Buffo
Silvia Buffo
Silvia Buffo, 1985, giornalista. Ha fondato e dirige Il Digitale. Formazione classica e filologica, un dottorato di ricerca in Letteratura italiana, sui legami tra scrittura e nuovi media. “La bellezza è promessa di felicità” è il suo motto, che ha delicatamente rubato a Stendhal.

La gentilezza al centro, come strumento efficace nella leadership femminile. Se ne è parlato sabato, a Ostia, presso The Act Studio, circolo ricreativo Arci, all’evento “La gentilezza come forza, storie e strumenti per superare la discriminazione a lavoro”.

Protagoniste tre donne, in prima linea Annalisa Aceti, Direttrice Generale Sales & Marketing in Rizzoli Education (Gruppo Mondadori), la professoressa Maria Serena Sapegno, docente di Letteratura italiana e Studi delle donne e di genere all’Università Sapienza di Roma, Claudia Bocelli, sociologa e docente di Leadership gentile che ha avviato la sua innovativa proposta di formazione a partire dall’Università degli Studi di Parma.

Tre donne che durante gli interventi hanno raccolto le migliori testimonianze del proprio percorso professionale, innescando una sentita partecipazione del pubblico, che abbracciava tutte le generazioni, non solo i più giovani, in un dibattito informale e costruttivo.

La gentilezza sarebbe una chiave risolutiva nel percorso individuale e collettivo della parità di genere in ambito professionale.

La gentilezza, spesso data per scontata, non è sinonimo di debolezza, ma strumento di emancipazione

A spiegarcelo è Annalisa Aceti, oggi anche autrice di Vendite e marketing gentili. Le reti commerciali tra intelligenza umana e artificiale, edito da Franco Angeli:

Se mostri il tuo lato umano, se preferisci l’empatia alla prevaricazione, se aspiri a un nuovo modello di leadership con un approccio più gentile e inclusivo, troverai le risorse per trasformare il tuo stile di management.

Fatti e dati dimostrano come questa trasformazione ha un impatto positivo e duraturo sui risultati.

Lavorare sulla gentilezza non solo riduce il gender gap, ma valorizza in maniera produttiva la diversità generazionale all’interno della forza lavoro, promuovendo il raggiungimento degli obiettivi e un successo sostenibile.

È la leadership gentile, a stimolare un ambiente collaborativo, empatico e incentrato sull’ascolto.

Leggi anche: Tor Vergata premia le migliori tesi su tematiche di genere in onore di Giulia Cecchettin

Le leader e i leader di oggi diventano agenti del cambiamento

A confermare la tesi di Annalisa è la sociologa Claudia Bocelli, che nel corso dell’evento ha spiegato come la prima gentilezza bisogna praticarla con noi stessi. Proprio a partire da questa educazione alla auto-clemenza si potrà poi lavorare sulla gentilezza come valore collettivo e bisogna farlo a partire dalle parole.

Un linguaggio gentile può cambiare quella cultura giudicante da cui siamo sommersi, che non ammette errori, l’ormai nota cultura della performance, dove si misura a peso il successo mentre il talento e le nostre vere inclinazioni annichiliscono.

Lo spiega bene la Professoressa Maria Serena Sapegno: “Le parole sono gli strumenti con cui pensiamo, quindi la gentilezza va costruita a partire dalla costruzione di un linguaggio condiviso e solo nella dimensione collettiva può divenire ‘valore sostenibile’.

Continua Claudia Bocelli:

Da sociologa, interpreto questa tendenza come il sintomo di un bisogno profondo, come risposta diretta della società alla violenza sempre più pervasiva.

Siamo in molti a sentire il bisogno di migliorare le nostre vite e siamo ormai tutti consapevoli che per raggiungere questo obiettivo è necessario costruire insieme una società più rispettosa, inclusiva e sostenibile per tutti!

La gentilezza è un valore sociale da tutelare, un bene comune da preservare, così come l’aria e l’acqua, essenziale per la nostra stessa sopravvivenza.

Oggi nell’ottica della sostenibilità siamo più che mai consapevoli che le vite degli uni dipendono da quelle degli altri.

La gentilezza quindi tutela la nostra libertà?

L’avvincente e intricato dibattito sul tavolo chiama in causa la gentilezza sostanzialmente come strumento strategico di libertà e diritti.

Ma prima di considerla come una tra le soluzioni più valide, nel corso dell’evento la professorezza Maria Serena Sapegno ha rintracciato un excursus fatto di testimonianze di storia e letteratura sul complesso percorso di emancipazione femminile:

C’è una differenza fondamentale tra l’avere un corpo, con tutti i limiti che il corpo ha, e l’essere un corpo.

È a partire da criteri di tipo fisiologico che nella società si sarebbe creata a monte una precisa scissione di ruoli maschili e femminili. Aggiunge la professoressa Sapegno:

Durante la pandemia abbiamo visto come il peso della crisi sia ricaduto prevalentemente sulle donne, che hanno spesso perso il lavoro, come sappiamo.

La libertà nel mondo del lavoro? Rispetto al passato le cose sono molto migliorate, non ci sono più professioni vietate alle donne, carriere nelle quali teoricamente non possano arrivare ai massimi livelli.

Questa è la verità giuridica, prima, fino al ’63 non si poteva fare neanche il concorso per magistratura, se avevi le mestruazioni, adesso le leggi, che sono molto importanti, sanzionano una parità, ma di certo non basta.

A volte si può pensare che la discriminazione uomo-donna sia un fatto del passato.

Ma c’è poi l’incontro col mondo del lavoro, dove le donne si sentono fare domande sulla loro vita privata, dove sono spesso scavalcate dai maschi nelle assunzioni e a 5 anni dalla laurea prendono il 25 % di stipendio in meno a parità di anni di servizio.

Inoltre possono fare l’esperienza di ogni forma di molestia, se viene equivocato che in quel mondo ci stanno, ma secondo le regole altrui.

Le famiglie hanno inoltre una funzione devastante nell’indirizzare a fare quello che le donne devono fare.

Però le donne nel corso della storia del nostro Paese, ogni volta che si è aperto la possibilità di leggere, scrivere e imparare ci sono state a fiumi.

Il processo è andato avanti, ma ancora c’è molto da fare.

La letteratura può essere una strada per la conoscenza di sé e del mondo, e in questo senso Virginia Woolf, ad esempio, invita le donne a liberarsi dal modello dell’angelo del focolare, la cui esistenza è soltanto sacrificio di sé per occuparsi degli altri, messaggio che sembra datato, ma che invece ritorna.

Tuttavia trovare un proprio spazio, una propria voce non deve significare omologarsi agli uomini, si apre piuttosto una nuova avventura sulla strada della costruzione di un nuovo soggetto-donna e di un nuovo sguardo sul mondo.

E partire dall’attitudine naturale della gentilezza, non intesa come virtù dell’angelo del focolare, bensì come ‘fare gentile’ insito nella sensibilità e nell’intelligenza femminile, non è mai un atto di remissività. Può invece costituire un approccio innovativo verso nuovi percorsi di emancipazione e di costruzione della libertà. Una domanda affiora in maniera sempre più nitida: cos’è dunque l’identità femminile oggi? Cosa resta del vecchio e cosa avanza del nuovo? Una risposta è possibile solo attraverso un dialogo gentile a più parti, dove non ci sarà un punto di approdo, ma si è sempre all’inizio del viaggio.

Leggi anche: Perché il lavoro ibrido promuove la parità di genere? I vantaggi per la carriera

Photo credit: Giulia Barocas.

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Silvia Buffo
Silvia Buffo
Silvia Buffo, 1985, giornalista. Ha fondato e dirige Il Digitale. Formazione classica e filologica, un dottorato di ricerca in Letteratura italiana, sui legami tra scrittura e nuovi media. “La bellezza è promessa di felicità” è il suo motto, che ha delicatamente rubato a Stendhal.

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