Durante la Messa in occasione del Giubileo degli ammalati, ieri 6 aprile, Papa Francesco è apparso in pubblico per la prima volta, dopo essere stato dimesso dal policlinico Gemelli lo scorso marzo.
Il Pontefice è sceso in sedia a rotelle sul sagrato della Basilica, per benedire i fedeli e pronunciare poche parole di ringraziamento verso tutti coloro che gli sono stati vicino in un momento così critico. Dal tono di voce è apparso un lieve miglioramento delle condizioni di salute del Santo Padre.
Papa Francesco scende in piazza San Pietro
Papa Francesco ha sorpreso i fedeli apparendo in piazza San Pietro, al termine della Messa in occasione del Giubileo degli ammalati e della sanità. Bergoglio è stato portato, da alcuni aiutanti, con la sedia a rotelle attraverso le file di cristiani sul sagrato della Basilica, per poi raggiungere l’altare e impartire la benedizione apostolica.
Ancora con i naselli per l’ossigeno, il Pontefice è stato accolto da un lungo applauso e ha esordito e ribadito più volte: “Buona domenica a tutti. Grazie tante“. Particolare attenzione è stata rivolta al lavoro delle delegazioni che rappresentano il mondo sanitario e che si sono fatte carico della salute del Santo Padre nei mesi scorsi.
A questi ultimi il Papa ha rivolto una preghiera particolare, portando all’attenzione le aggressioni che spesso medici e infermieri sono costretti a subire: “Per i medici, gli infermieri e gli operatori sanitari, che non sempre sono aiutati a lavorare in condizioni adeguate e, talvolta, sono perfino vittime di aggressioni. La loro missione non è facile e va sostenuta e rispettata“.
Leggi anche: Papa Francesco dimesso: cosa dicono i medici e quando lo rivedremo al Giubileo
La malattia come prova di fragilità

La comparsa di Papa Francesco è stata preceduta dalla lettura, da parte dell’arcivescovo Rino Fisichella, dell’omelia scritta dal Pontefice stesso. Bergoglio, attraverso il Monsignore, ha posto l’accento sulla relazione tra malattia e fede, affermando:
Certamente la malattia è una delle prove più difficili e dure della vita, in cui tocchiamo con mano quanto siamo fragili.
La malattia può arrivare a farci sentire come il popolo in esilio, o come la donna del Vangelo: privi di speranza per il futuro.
Ma non è così.
Anche in questi momenti, Dio non ci lascia soli e, se ci abbandoniamo a Lui, proprio là dove le nostre forze vengono meno, possiamo sperimentare la consolazione della sua presenza.
Il discorso del Papa è poi continuato riferendosi alla condizione di malattia vissuta, che lo ha reso uguale a tutti coloro che si sono trovati nella sua stessa situazione:
Con voi, carissimi fratelli e sorelle malati, in questo momento della mia vita condivido molto: l’esperienza dell’infermità, di sentirci deboli, di dipendere dagli altri in tante cose, di aver bisogno di sostegno.
Non è sempre facile, però è una scuola in cui impariamo ogni giorno ad amare e a lasciarci amare, senza pretendere e senza respingere, senza rimpiangere e senza disperare, grati a Dio e ai fratelli per il bene che riceviamo, abbandonati e fiduciosi per quello che ancora deve venire.
La camera dell’ospedale e il letto dell’infermità possono essere luoghi in cui sentire la voce del Signore che dice anche a noi: “Ecco, io faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?“.
E così rinnovare e rafforzare la fede.
Benedetto XVI ha scritto che “La misura dell’umanità si determina essenzialmente nel rapporto con la sofferenza” e che “una società che non riesce ad accettare i sofferenti è una società crudele e disumana“.
È vero: affrontare insieme la sofferenza ci rende più umani e condividere il dolore è una tappa importante di ogni cammino di santità.
Leggi anche: Chi è l’équipe medica di Papa Francesco: dal prof. Alfieri all’infermiere Strappetti
La speranza di un futuro di pace e amore
L’omelia è terminata con alcuni appelli che Papa Francesco ha voluto rendere noti, come affrontare il dolore grazie all’amore che Dio ha donato:
Non releghiamo chi è fragile lontano dalla nostra vita, come purtroppo oggi a volte fa un certo tipo di mentalità, non ostracizziamo il dolore dai nostri ambienti.
Facciamone piuttosto un’occasione per crescere insieme, per coltivare la speranza grazie all’amore che per primo Dio ha riversato nei nostri cuori e che, al di là di tutto, è ciò che rimane per sempre.
Per quanto riguarda la situazione presente nei luoghi di cura, il Pontefice ha fatto sapere: “Si investano le risorse necessarie per le cure e per la ricerca, perché i sistemi sanitari siano inclusivi e attenti ai più fragili e ai più poveri“. Infine, l’ultimo appello è un inno alla pace nel mondo, attualmente colpito da guerre o catastrofi naturali:
Nella martoriata Ucraina, colpita da attacchi che provocano molte vittime civili, tra cui tanti bambini.
E lo stesso accade a Gaza, dove le persone sono ridotte a vivere in condizioni inimmaginabili, senza tetto, senza cibo, senza acqua pulita.
Tacciano le armi e si riprenda il dialogo; siano liberati tutti gli ostaggi e si soccorra la popolazione.