Tra le polemiche dell’opposizione, la Presidente del Consiglio Meloni ha affidato la caldissima questione del salario minimo al Cnel, il Consiglio nazionale dell’Economia e del Lavoro, presieduto da Renato Brunetta. Si tratta di un organo di rilevanza costituzionale della cui utilità si è spesso discusso, anche se adesso è indubbiamente sotto i riflettori.
Nel ricevere gli esponenti dell’opposizione, la Premier non ha chiuso del tutto alla misura volta al contrasto dei salari poveri, ma ha sostanzialmente lasciato intendere che essa sarà limitata e circoscritta solo ad alcune categorie di lavoratori.
Lo studio del Cnel: “60mila lavoratori italiani interessati dal salario minimo”
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La Premier Meloni ha affidato al Cnel il compito di redarre una proposta da presentarle entro due mesi. Oggi uno studio del Consiglio nazionale dell’Economia e del Lavoro parla di circa 60mila lavoratori italiani interessati dal salario minimo, circa il 3% degli stipendiati d’Italia. Si tratta di persone impegnate nel settore delle pulizie, della vigilanza e dell’aiuto anziani.
La memoria che ricostruisce le conclusioni dello studio è stata votata dai 65 componenti del Cnel e suddivide i lavoratori in due categorie: i 14 milioni di lavoratori che hanno firmato un contratto validato dal sindacato e i contratti pirata, che invece interessano 387mila lavoratori, dei quali i più in emergenza sono quelli indicati dal Cnel.
Salario minimo, l’analisi del Cnel: da agricoltura e colf a autonomi e precari
L’analisi del Cnel si è quindi concentrata sui contratti pirata, che contano 272 tipologie totali e interessano “soltanto” 387mila lavoratori, tra cui gli addetti alla Vigilanza. La segretaria dem Elly Schlein continua a ribadire che la soglia debba essere di 9 euro l’ora. Gli interessati sarebbero secondo il Cnel 60mila, ma alcuni esperti alzano questa stima a 90mila.
Sotto la soglia minima ci sarebbero anche agricoltura e collaboratrici familiari, settori su cui però il Governo non interverrà. Una fonte della maggioranza ha spiegato a La Stampa che “se intervenissimo per legge in questi settori scoppierebbe la rivoluzione”.
Resta pure il nodo dei 5 milioni di lavoratori autonomi e dei 3 milioni di precari, ovvero stagionali del turismo, false partite Iva, falsi tirocini e stage, artigiani, cooperative e donne costrette al part time. Per tutti loro, secondo l’esecutivo, il salario minimo non è la soluzione.
Per queste categorie il Governo sta pensando all’allargamento dei contratti a aziendali, all’abbassamento del peso delle tasse in busta paga, alla detassazione di premi e tredicesime. Ma si potrebbe pure valutare l’uso degli ammortizzatori sociali, specie nei periodi di pausa dell’attività.
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