Avere una vita sociale rallenta la demenza: “Reti neurali rafforzate”

Secondo uno studio avere delle relazioni interpersonali, attraverso attività sociali anche molto comuni, può proteggere le funzioni cognitive nelle persone anziane, arrivando a ridurre il rischio di demenza.

Michela Sacchetti
Michela Sacchetti
Intuitiva, con un occhio attento alla realtà e alla sua evoluzione, attraverso una lente di irrinunciabile positività. Vede sempre nella difficoltà un’occasione preziosa per migliorarsi da cogliere con entusiasmo.
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Quelle che noi consideriamo attività normalissime, come andare a cena o al ristorante con un amico, giocare a bingo o fare un viaggio in compagnia, potrebbero posticipare di diversi anni, nelle persone anziane, la comparsa della demenza.

Anche se questo legame tra declino cognitivo e assenza di stimoli sociali è un aspetto conosciuto da tempo, un nuovo studio confermerebbe questa teoria.

Vita sociale e demenza: cosa dice lo studio

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Un nuovo studio, condotto dal Rush University Medical Center di Chicago, nello stato di Illinois, ha confermato come una vita sociale attiva abbia un effetto protettivo sulla funzione cognitiva.

Sviluppare attività che implichino interazioni con gli altri, ed essere socievoli in età avanzata, hanno evidenziato quanto possano contrastare la neurodegenerazione propria dovuta a diverse forme di demenza o all’Alzheimer.

Lo studio è consistito nel monitorare lo stato di salute e lo stile di vita di un campione di 1.923 anziani, con un’età media di circa 80 anni. All’inizio nessuno di loro aveva sintomi di demenza, ma nei cinque anni successivi a sviluppare la malattia sono stati 545 partecipanti mentre 695 sono andati incontro a una forma di lieve deficit cognitivo. Durante l’intera durata dello studio i soggetti sono stati sottoposti a periodiche visite mediche e test neuro psicologici, per misurare l’eventuale comparsa di segni di declino cognitivo.

Allo stesso tempo i ricercatori hanno studiato anche il loro stile di vita, soffermandosi, tramite specifico questionari, su cosa facessero nel tempo libero, e prendendo come esempio anche determinate attività come uscire con gli amici o giocare a bingo. Da ciò è emerso che gli anziani con una vita sociale più attiva hanno un rischio inferiore del 38% di sviluppare una forma di demenza o incorrere in un lieve deficit cognitivo, rispetto al 21% di coloro i quali hanno avuto pochi stimoli sociali.

Demenza: con l’attività sociale di quanto si rallenta la malattia?

I ricercatori dello studio hanno inoltre evidenziato che l’essere abituati a questo tipo di attività, anche alle più semplici come andare a trovare amici e parenti, rallenti lo sviluppo della demenza, che può comparire fino a cinque anni più tardi rispetto ai coetanei meno esposti alle interazioni sociali.

Tuttavia, le ragioni per cui una vita sociale attiva rallenti il declino cognitivo non sono ancora del tutto chiare. I ricercatori però, riguardo alle attività che richiedono uno scambio interpersonale, ipotizzano:

Questa tipologia di attività rafforza i circuiti neurali nel cervello, rendendoli più resistenti al decorso di quelle malattie che tendono a manifestarsi con l’avanzare dell’età.

Non avere relazioni sociale non sarebbe l’unico fattore di rischio allo sviluppo precoce della demenza. Secondo un altro recente studio sarebbero 14 i fattori che possono essere modificati per rallentare l’insorgere della malattia. Fra essi figurano l’abuso di alcol e la sedentarietà, il poter contare su un’istruzione adeguata durante l’infanzia, l’evitare l’isolamento sociale, il non esporsi all’inquinamento atmosferico, curare il diabete di tipo 2 e la depressione, tenere sotto controllo l’ipertensione e i livelli di colesterolo cattivo, evitare l’obesità e traumi cranici, mantenersi in forma praticando attività fisica, dire basta con il fumo e affrontare i problemi di udito, qualora dovessero manifestarsi.

Leggi anche: Alzheimer, uno studio italiano ha scoperto un nuovo gene che causa la malattia

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