Coronavirus, sono giorni di guerra, in cui siamo travolti dall’onda dell’epidemia senza avere nemmeno il tempo di capire cosa stia realmente succedendo. Sono passati appena 30 giorni dalla notizia di Mattia che nell’ospedale di Codogno presentava per la prima volta in Italia il problema del Covidi- 19. Era il 21 febbraio e in quei giorni si minimizzava, si parlava dell’aspetto tipicamente influenzuale del virus, si diveva che non bisognava confonderlo con una pandemia e che bisognava avere però l’accortezza di lavarsi le mani. Nessuno si sarebbe aspettato una segregazione in casa. Leggi anche: Decreto Coronavirus, già 43 mila denunce per violazione
Covid-19, la preoccupazione di medici e scienziati davanti ai numeri
Oggi Maria Rita Gismondo, direttrice del Laboratorio di microbiologia clinica, virologia e diagnostica delle bioemergenze dell’ospedale Sacco di Milano, in prima l’idea contro il coronavirus, ha dichiarato all’Adnkronos salute:
Ormai siamo abituati a non avere più distinzione tra sabato, domenica e il resto della settimana spesso neanche tra il giorno e la notte. Stiamo vivendo in un mondo che non conoscevamo. Sto facendo la coda fuori dal supermercato perché in casa non c’è più niente. Un mondo stranissimo, circondati da persone che ci chiedono cosa ne pensiamo, cosa accadrà, la data in cui finirà, come se noi fossimo i depositari della verità di questo virus. Noi in realtà siamo preoccupati come tutti gli altri. Quello che prima non ci preoccupava e che io e altri virologi – come del resto l’Organizzazione mondiale della sanità – dicevamo sarebbe stato poco più grave di un’influenza. Adesso invece davanti ai numeri della Lombardia, siamo abbastanza attoniti e vogliamo capire di più.
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