Il Professor Stuart Hameroff ha citato sul New York Post un recente studio, il quale mostrerebbe il momento esatto in cui l’anima abbandona il corpo dopo la morte. Per condurre la ricerca è stato necessario monitorare l’attività cerebrale di un paziente clinicamente morto.
Attraverso un encefalogramma, infatti, si è notato come il cervello rilasci un’ultima scarica di energia, poco tempo dopo la morte del corpo. Vediamo ora ciò che è stato scoperto e il commento di Hameroff.
Lo studio sull’anima che abbandona il corpo
Secondo il Professor Stuart Hameroff, a essere stato fondamentale nella ricerca sarebbe stato l’ultimo picco dell’attività cerebrale, pochi istanti prima della fine della vita. Questo avvenimento, infatti, dimostrerebbe che l’anima e la coscienza, al momento della morte, abbandonano effettivamente il corpo.
Hameroff, anestesista e docente dell’Università dell’Arizona, ha descritto sul New York Post il modo in cui è stato svolto lo studio. Si è monitorato il cervello di un paziente clinicamente morto, attraverso i sensori di un elettroencefalogramma. Questi, dunque, hanno catturato una scarica di energia cerebrale dopo la morte, che i ricercatori hanno commentato così: “Tutto era scomparso, poi quando non c’era più pressione sanguigna né frequenza cardiaca è stata registrata questa scarica“.
Leggi anche: L’ultimo studio che dimostra che l’attività fisica fa bene ai nostri neuroni
Il parere di Stuart Hameroff

Le ultime scariche energetiche rilasciate dal cervello, pochi istanti dopo la morte, si chiamano sincronia gamma. Si tratta di un insieme di onde cerebrali, collegato al pensiero cosciente, alla consapevolezza e alla percezione. Questi movimenti vengono rilevati dall’elettroencefalogramma e possono durare dai 30 ai 90 secondi, prima di scomparire nel momento in cui avviene la morte definitiva.
Secondo i ricercatori, quanto studiato rappresenterebbe l’ultimo sussulto dei neuroni che si attivano dopo la morte oppure potrebbe trattarsi di una semplice “illusione”. Per il Professor Hamoerff, invece, sarebbe la coscienza che abbandona il corpo, in quanto:
La coscienza è probabilmente un processo a bassissima energia e che quindi non ha bisogno della stessa quantità di “consumo energetico” richiesta da altre attività del cervello in quanto si trova a un “livello più profondo”.
Attraverso tale dichiarazione, Hameroff ha rievocato il celebre studio del dottor Robin Lester Carhart-Harris, il ricercatore che studia come le droghe influenzino la salute mentale e il comportamento.
Leggi anche: Brain rot, parola dell’anno: cos’è e come liberarsene
Lo studio di Carhart-Harris
Lo studio di Carhart-Harris è stato svolto collegando dei volontari a macchine per la risonanza magnetica oppure a elettroencefalogrammi, mentre venivano loro somministrate delle flebo con il composto psicoattivo di psilocibina. Ai partecipanti, inoltre, era stato chiesto di chiudere gli occhi, stare in silenzio e fermi, perché avrebbero raccontato l’esperienza vissuta solo dopo la fine dell’esperimento.
I volontari, dunque, hanno dichiarato al dottor Robin Lester Carhart-Harris di aver avuto delle allucinazioni vivide e di aver vissuto come in un trip. Eppure, la risonanza magnetica, invece di rilevare segnali elevati, era fredda e scura, quasi come se i pazienti all’interno fossero in coma. In aggiunta, non veniva riscontrata alcuna attività cerebrale. Secondo Hameroff, tale studio spiegherebbe come l’attività di fine vita aumenti dopo la morte di un individuo. Queste le sue parole:
L’attività cerebrale a livello quantistico è una teoria secondo cui specifiche funzioni cerebrali potrebbero operare su piccola scala all’interno dei neuroni, oltre l’elaborazione tradizionale delle informazioni attraverso percorsi neurali classici.
La coscienza potrebbe essere così una vibrazione quantistica all’interno dei neuroni.