Perché i bambini dovrebbero sempre credere a Babbo Natale

Credere a Babbo Natale è un vero e proprio esercizio cognitivo, che apporta diversi benefici a seconda dell’età dei ragazzi. Ecco perché fa bene tenere viva la magia.

Marianna Chiuchiolo
Marianna Chiuchiolo
Giornalista con studi in Mediazione Linguistica, una formazione da teatrante e una generale tendenza a perdersi nei vicoli di una fervida immaginazione. Ama in egual misura la scienza e la poesia e si spende da tempo per la crociata della Mental Health Awareness come missione di vita.
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È arrivato il momento di rivelare ai propri figli la verità su Babbo Natale? Come ogni anno, in attesa della Vigilia, arrivano puntuali i dubbio per molti genitori. Tenere viva la magia o spezzare l’incanto? Come proteggere i più piccoli dai dispettosi tentativi di far crollare il mito da parte di fratelli e cugini più grandi? Ma soprattutto: spingere i ragazzi a credere a Babbo Natale vuol dire mentire e farli crescere da creduloni in previsione di una cocente delusione una volta scoperta l’amara verità?

Di seguito analizzeremo cosa rappresenta la leggenda di Babbo Natale a livello psicologico e come fare per rapportarcisi in maniera sana in famiglia.

Babbo Natale nella psicologia

Interessanti riflessioni, riguardo al credere a Babbo Natale o no, arrivano dalla moderna psicologia, e il responso non è affatto negativo come si potrebbe immaginare: lasciare che i piccoli credano alla storia del vecchio San Nicola potrebbe essere un ottimo esercizio mentale che aiuta a sviluppare diverse abilità nel corso della crescita.

Nel dibattito legato alla leggenda – se di dibattito si può parlare – le obiezioni arrivano dal filosofo David Kyle Johnson, la cui posizione decisamente contraria è stata ribadita in più contesti. Secondo Johnson, spingere i bambini a credere a Babbo Natale corrisponde a mentire. A ciò si aggiungerebbe la problematica questione del carbone per i bambini che non si sono comportati bene, un controverso meccanismo di premio e ricompensa che insegna ai piccoli a comportarsi bene solo per ottenere un premio, e non perché una buona condotta è il modello alla base di una società civile.

Molto diversa è la posizione della psicologa Carole Slotterback, che in The Psychology of Santa ha approfondito la questione esaminandola da un punto di vista sociologico e comunicativo, oltre a riportare i risultato di una serie di ricerche da lei svolte personalmente. Ed è sulla base di questo che proseguiremo con la nostra analisi.

Credere a Babbo Natale: questione di età

papà incoraggia la figlia a credere a babbo natale

La prima cosa di cui tener conto, sulla questione Babbo Natale, è l’età dei bambini. Generalmente la leggenda viene instillata nelle loro menti quando sono talmente piccoli da non riuscire neppure a ricordare il momento in cui ne hanno sentito parlare per la prima volta. Per molti di loro, anche la scoperta della verità avviene abbastanza presto da non averne memoria e, a differenza di quanto si potrebbe pensare, per la maggior parte di essi non costituisce un trauma.

Che Babbo Natale esista è una convinzione condivisa fino a circa cinque anni di età, mentre intorno ai sette anni le menti cominciano a porsi domande e avere dubbi sulla veridicità della storia. La consapevolezza del fatto che Babbo Natale non sia reale, infine, arriva intorno ai nove anni.

Una volta compreso questo percorso, relazionarsi con l’argomento Babbo Natale diventa più facile anche per i genitori.

Leggi anche: Chi ha paura del Natale? Pillole di psicologia salva feste

Credere a Babbo Natale stimola l’immaginazione

C’è una motivazione di fondo che spinge genitori e figli a tenere viva la leggenda di Babbo Natale: è una storia che riempie le festività di magia. Come tante altre storie che amiamo, anche la leggenda di San Nicola, e del più moderno e capitalista Santa Claus, è un esercizio di immaginazione che si riflette sulla vita quotidiana, spingendoci a credere in qualcosa di più grande e, di conseguenza, a lavorare per rendere il mondo un posto migliore.

E no, credere a Babbo Natale non vuol dire essere creduloni. I bambini si rapportano con l’immaginazione ogni volta che giocano, quando leggono un racconto o guardano il loro cartone preferito. Lo scopo delle storie non è ingannare i piccoli spingendoli a credere in qualcosa che non esiste, ma insegnar loro a crescere attraverso gli eventi del racconto, come accade ai loro personaggi preferiti. Credere a Babbo Natale, quindi, non è lasciarsi ingannare da una bugia, ma è partecipare a una narrazione condivisa.

Interrogarsi sulla natura di Babbo Natale stimola il pensiero critico

Una volta superata l’età dell’immaginazione al comando, ecco che subentra il pensiero critico. Come è possibile che un uomo faccia il giro del mondo in una notte? Come fanno le renne a volare? E le case in cui non c’è un camino?

Interrogarsi sulla natura di Babbo Natale e porsi dei dubbi in merito non è diverso dal cercare di risolvere un problema di matematica o un enigma. La storia di Babbo Natale diventa così un esercizio di ragionamento controfattuale, seppur a misura di bambino, non diverso da quello alla base delle grandi scoperte scientifiche, che porta il piccolo a interrogarsi in maniera più pratica sul confine tra reale e immaginario. La scoperta della verità, più che un trauma, è un momento di crescita cognitiva che può apportare notevoli benefici.

Leggi anche: Sindrome da shopping compulsivo: 5 consigli per gestire i regali di Natale

Il momento della verità, come gestirlo al meglio

Dopo una o più stagioni di dubbi, ragionamenti e ricerca di prove, arriva il momento in cui i bambini si confrontano con la verità: il corpulento benefattore che ha reso magici i precedenti Natali non è reale, e i regali sono frutto dell’operato di genitori e parenti.

La domanda più comune, in tal senso, è come rivelare ai ragazzi che Babbo Natale non esiste. La risposta pressoché univoca degli psicologi è far sì che che ci arrivino con le loro forze, senza grandi rivelazioni o discorsi accorati, ma piantando indizi qua e là, lasciando che siano loro a connettere i punti.

Anziché una calligrafia artefatta e la firma di Babbo Natale, i bigliettini sui regali possono essere scritti nella grafia dei genitori. L’elastico che tiene su la barba può essere lasciato visibile, senza tentativi di camuffamento. Sotto il costume rosso possono essere indossate le tipiche scarpe da ginnastica di papà. Lasciate che i ragazzi indaghino come piccoli detective e, una volta scoperta la verità, coinvolgeteli nell’avventura appena cominciata per i più piccoli, rendendoli parte della magia condivisa come giovani alleati.

In conclusione, lasciate che i bambini credano a Babbo Natale!

Dopo questa lunga, a tratti semiseria, disamina, la conclusione resta quella più piacevole: credere a Babbo Natale fa bene. Concedete ai ragazzi di immaginare prima e investigare poi, rendeteli parte di una leggenda che si rinnova ogni anno, sempre con nuovi dettagli da scoprire.

Leggi anche: Ansia da regali di Natale? Il pensiero più adatto per ogni tipo psicologico MBTI

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