venerdì, 17 Gennaio 2025
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La contabilità negli enti del Terzo settore: guida pratica

Anche le organizzazioni operanti nel Terzo settore hanno l'obbligo della contabilità. In base alla commercialità o meno dell'ente ci sono, però, delle differenze.

Michela Sacchetti
Michela Sacchetti
Intuitiva, con un occhio attento alla realtà e alla sua evoluzione, attraverso una lente di irrinunciabile positività. Vede sempre nella difficoltà un’occasione preziosa per migliorarsi da cogliere con entusiasmo.

La contabilità e il bilancio, oltre a determinare la presenza delle condizioni che garantiscono la possibilità per l’ente di inscriversi e di permanere nel Registro unico nazionale del Terzo settore (RUNTS), sono importanti per determinare le caratteristiche e i profili dell’organizzazione.

A dettare le disposizioni specifiche per la tenuta e la conservazione delle scritture contabili degli enti del Terzo settore ci pensa il codice del Terzo settore, che fa una distinzione tra gli obblighi previsti per Ets non commerciali e quelli disposti per gli Ets commerciali.

Gestire la contabilità negli Enti del Terzo settore

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La contabilità rappresenta la base per definire il quadro della situazione patrimoniale e finanziaria da riportare nella redazione del bilancio. Hanno l’obbligo delle scritture contabili gli enti del Terzo settore che esercitano la propria attività esclusivamente in forma di impresa commerciale, mentre per gli enti del Terzo settore non commerciali le scritture contabili rappresentano solo un adempimento di carattere fiscale, in conformità alle nuove disposizioni previste dall’articolo 13 del Codice del terzo settore.

Ciò nonostante, se non vogliono perdere i benefici fiscali per essi previsti, gli enti non commerciali devono redigere, secondo l’articolo 87 del codice del Terzo settore, il bilancio di esercizio in relazione all’attività svolta. È necessario che questo sia sistematico, cronologico e atto a esprimere in maniera analitica le operazioni relative a ogni periodo di gestione, distinguendo le attività di interesse generale da quelle diverse, con l’obbligo della conservazione delle scritture contabili finché non siano avvenuti gli accertamenti relativi allo specifico periodo d’imposta. Nel bilancio sono riportati anche il carattere e la tipologia di attività diverse da quelle generali, o tramite annotazioni in calce oppure nella nota integrativa.

Gli enti del Terzo settore non commerciali devono tenere le scritture contabili semplificate, annotando solo in un apposito registro i ricavi percepiti, ciascun importo e le generalità del soggetto che ha effettuato il pagamento, oltre agli estremi della fattura. Inoltre, devono essere annotate, in un altro registro, anche le spese sostenute nell’esercizio, indicando gli importi e le generalità del pagante. Anche se non sono tenuti all’obbligo di fatturazione, devono comunque inserire nel bilancio un rendiconto specifico circa le raccolte pubbliche di fondi, nel quale vengono annotate le entrate e le spese relative a ciascuna ricorrenza o campagna di sensibilizzazione, che non concorre alla formazione di reddito.

Per gli enti privi di personalità giuridica che non hanno conseguito in un anno proventi, ricavi, rendite o entrate superiori ai 300.000 euro (la soglia prima era 220.000) basterà tenere un rendiconto di cassa, in luogo del bilancio di competenza. Mentre per gli enti del Terzo settore, con entrate superiori a 300.000, il bilancio prevede:

  • Lo stato patrimoniale
  • Il rendiconto gestionale, con indicazione dei proventi e degli oneri dell’ente
  • La relazione di missione, che deve illustrare oltre al bilancio, l’andamento economico e finanziario, le modalità di perseguimento delle finalità statutarie, anche informazioni generali sull’ente, la missione e le attività di interesse generale, i dati sugli associati o sui fondatori, i criteri applicati nella valutazione delle voci del bilancio, i movimenti delle immobilizzazioni, l’ammontare di ciascuna voce, l’indicazione degli impegni di spesa o di rinvestimento di fondi o contributi ricevuti, il numero medio dei dipendenti, un’analisi delle principali componenti del rendiconto gestionale, gli impegni di spesa o di reinvestimento di fondi o contributi, l’importo dei compensi spettanti all’organo esecutivo, il prospetto degli elementi patrimoniali e finanziari e le operazioni realizzate con le parti correlate, intese come ogni persona o ente in grado di esercitare il controllo sull’ente

Un’ulteriore semplificazione riguarda i soggetti che non raggiungono 60.000 euro di entrate, il cui rendiconto per cassa può indicare le entrate e le uscite in forma aggregata. Sono esonerate dagli obblighi relativi alla registrazione delle scritture contabili le organizzazioni di volontariato e le associazioni di volontariato.

Mentre per gli enti del Terzo settore che esercitano la propria attività principalmente in forma di impresa commerciale, al pari delle imprese sociali, predispongono il bilancio sulla base degli articoli 2423 e seguenti del Codice civile. (Libro giornale e libro degli inventari, oltre alle scritture contabili richieste dalla natura e dalle dimensioni dell’impresa)

Leggi anche: Vantaggi fiscali per le donazioni agli enti del Terzo settore

Gestire la contabilità negli enti del Terzo settore

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Con il termine contabilità, negli enti del Terzo settore, si intendono tutte quelle attività di registrazione di entrate e spese, oltre che alla stesura del bilancio annuale.

La responsabilità della gestione di una corretta e regolare contabilità spetta al consiglio direttivo, il quale dovrà tenere conte di tutte le diverse attività dell’associazione e dei loro adempimenti fiscali e contabili. Come per una qualunque attività commerciale occorre tenere in ordine e aggiornare le scritture, i documenti contabili e sistemare tutta la documentazione, presso la sede dell’associazione, in modo da essere sempre disponibile e consultabile dagli associati.

Se l’ente svolge attività commerciale oltre alla contabilità separata per quanto riguarda i profitti sarà, inoltre, necessario aprire una partita IVA, che comporterà una serie di ulteriori obblighi contabili e fiscali, come la tenuta dei registri IVA o dei beni ammortizzabili.

Come riconoscere un ente del Terzo settore come commerciale o non commerciale

Per qualificare come commerciale o non commerciale un ente è necessario pesare le entrate che ha ottenuto durante l’esercizio. A tal fine occorre definire la commercialità o meno di ogni singola attività di interesse generale svolta. In seguito, definita la commercialità o meno dell’ente, si procederà a determinare il reddito imponibile sul quale verranno calcolate le imposte.

Per individuare la natura dell’ente è importante stabilire la natura delle attività di interesse generale. Sono considerate non commerciali le attività svolte:

  • A titolo gratuito
  • Dietro versamento di corrispettivi che non superano i costi effettivi, tenendo conto degli apporti economici delle pubbliche amministrazioni, anche straniere
  • Qualora i ricavi non superino di oltre il 6% i costi per ciascun periodo d’imposta e per non oltre due periodi d’imposta consecutivi

Indipendentemente da questi criteri, saranno sempre considerati non commerciali:

  • Le attività di ricerca scientifica, di particolare interesse sociale, svolta da un ente del Terzo settore per la quale rappresenti la finalità principale
  • Gli interventi e servizi sociali, le prestazioni sanitarie e socio-sanitarie, a condizione che gli utili siano interamente reinvestiti nelle attività dell’ente e che non sia previsto alcun compenso per gli amministratori

Leggi anche: La governance negli enti del Terzo settore: buone pratiche

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Michela Sacchetti
Michela Sacchetti
Intuitiva, con un occhio attento alla realtà e alla sua evoluzione, attraverso una lente di irrinunciabile positività. Vede sempre nella difficoltà un’occasione preziosa per migliorarsi da cogliere con entusiasmo.

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