venerdì, 17 Gennaio 2025
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Qual è la differenza tra non profit e volontariato?

Terzo settore, non profit e volontariato non sono sinonimi. Un’organizzazione di volontariato non presuppone sia anche ente del Terzo settore. Approfondiamo le caratteristiche e le differenze.

Michela Sacchetti
Michela Sacchetti
Intuitiva, con un occhio attento alla realtà e alla sua evoluzione, attraverso una lente di irrinunciabile positività. Vede sempre nella difficoltà un’occasione preziosa per migliorarsi da cogliere con entusiasmo.

Il Terzo settore è un mondo molto variegato e complesso. Occorre, per questo, chiarire alcuni punti fondamentali, criteri e requisiti per potersi definire organizzazione “non profit” o di volontariato.

Con la Riforma del Terzo settore, quanto più necessaria, sono state riconosciute le differenze e le distinzioni, inevitabili da fare, all’interno dell’universo “non profit”.

Non profit: requisiti e caratteristiche

La locuzione “non profit” sta a indicare la caratteristica di enti, associazioni e organizzazioni che operano senza scopo di lucro, e quindi senza profitto.

Renato Frisanco, ricercatore della Fondazione Roma-Terzo settore e autore del libro “Volontariato e nuovo welfare”, secondo quanto riportato da Redattore sociale, ha chiarito alcuni punti fondamentali riguardanti il Terzo settore e la sua riforma. La normativa ha fornito una definizione più precisa degli enti stessi e del loro campo di azione. Bisogna precisare che il significato di no profit e non profit non è lo stesso. Il primo sta a indicare il rifiuto assoluto del profitto mentre il secondo, dall’inglese “not for profit”, presuppone vi sia profitto, ma che questo non rappresenti l’obiettivo principale dell’ente.

Il “non profit”, inteso come senza scopo di lucro, è composto da organizzazioni che devono rispettare cinque requisiti:

  • nessuna distribuzione di eventuali profitti
  • ⁠avere natura giuridica privata
  • essere formalmente costituiti, tramite un accordo fra gli aderenti, un contratto o uno statuto
  • ⁠autogovernarsi
  • avere una certa quota di lavoro volontario (può bastare il presidente stesso o i dirigenti che non percepiscono stipendio)

Alcune leggi nel nostro Paese richiedono un’ulteriore caratteristica: la democraticità dell’organizzazione, che può tradursi nella partecipazione degli aderenti o nell’elezione delle cariche. Tra i requisiti manca un riferimento, anche minimo, al perseguimento di fini di “utilità sociale” o di interesse solidaristico. Esempi di enti non profit presenti in Italia sono le Organizzazioni Non Governative (ONG), le associazioni, le società di mutuo soccorso, gli enti filantropici, le Organizzazioni Di Volontariato (ODV) e le reti di associazioni.

Organizzazioni di volontariato: i requisiti

non profit_volontariato

Le organizzazioni di volontariato nel nostro Paese sono 47 mila, regolate dalla legge 266/1991 che le ha parificate alle Onlus. Si tratta di enti finalizzati a svolgere attività di interesse generale, in favore di terzi, grazie al supporto dei propri associati nelle varie attività di volontariato. Per essere definite tali devono rispettare tre requisiti:

  • la solidarietà, a vantaggio di soggetti terzi
  • ⁠la democraticità, intesa come eleggibilità e autogoverno
  • ⁠la gratuità

L’organizzazione di volontariato è un ente del Terzo settore, in base a quanto espresso dall’omonimo Codice, e di conseguenza deve ripresentarne le caratteristiche: l’assenza di fini di lucro e svolgere un’attività di interesse generale. Inoltre, in quanto organizzazione, deve assumere la forma di associazione, ed essere composta da non meno di sette persone fisiche o tre organizzazioni di volontariato.

L’Italia è uno dei pochi Paesi europei ad avere una specifica legge sul volontariato, insieme a Belgio, Spagna, Portogallo, Ungheria e Finlandia. Delle organizzazioni presenti sul nostro territorio solo il 66,6% è iscritto ai registri nazionali, offrendo così una stima imparziale. Il numero totale di volontari e sostenitori si aggirerebbe fra un milione e mezzo e due milioni e mezzo.

Terzo settore, non profit e volontario: in cosa si differenziano

Quando gli istituti nazionali di statistica, e fra questi anche l’Istat, conteggiano le istituzioni non profit tengono conto solo del requisito della non distribuzione di utili fra gli aderenti e della natura giuridica privata. Nel 2011, il terzo Censimento delle istituzioni non profit ne ha contate 301.191. All’interno di questo numero, però, rientrano le organizzazioni più disparate, dai gruppi di volontariato impegnati nel sociale ai sindacati e partiti politici fino alle congregazioni religiose. Pare, inoltre, che ad essere connotate del requisito della solidarietà sia solo il 34,2%.

Anche se il Libro Bianco del Terzo settore mette sullo stesso piano non profit e terzo settore vi sono delle sostanziali differenze. Per Frisanco all’interno del non profit è possibile individuare le organizzazioni di “terzo settore”, le quali si contrappongono al settore del pubblico e del privato, operando per il bene comune. A loro volta, all’interno di queste ultime si possono trovare le organizzazioni di volontariato.

Quindi, di conseguenza, si può essere non profit, avere natura privata e non esserci distribuzione di utili, ma non appartenere al terzo settore perché si agisce in assenza di termini di solidarietà e democrazia partecipativa. Per gli enti del Terzo settore è, inoltre, obbligatorio per definirsi tali l’iscrizione al Registro Unico Nazionale del Terzo Settore (RUNTS).

Leggi anche: Terzo settore, come farne parte e ricevere fondi pubblici e donazioni

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Michela Sacchetti
Michela Sacchetti
Intuitiva, con un occhio attento alla realtà e alla sua evoluzione, attraverso una lente di irrinunciabile positività. Vede sempre nella difficoltà un’occasione preziosa per migliorarsi da cogliere con entusiasmo.

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