All’età di 17 anni, Eleonora Fabris perse la memoria a causa di un’encefalite fulminante autoimmune. Come testimonia la mamma in un’intervista rilasciata al “Corriere della Sera”:
Nel 2016 lei era il secondo caso accertato in Italia.
Non c’era una cura per guarire, non c’erano farmaci.
Siamo stati ricoverati 7 mesi tra l’ospedale di Bassano e il Sant’Antonio di Padova.
Non abbiamo mai mollato, soprattutto lei non ha mai mollato.
Ed è stato proprio così. Eleonora non ha mai mollato, neanche quando si è accorta di non ricordare più nulla del suo passato e di dover ricominciare da capo, dal capire dove si trovava la sua cameretta al reimparare a leggere e a scrivere.
Il suo coraggio e la sua resilienza l’hanno portata a diventare, venerdì 28 marzo, dottoressa magistrale in Scienze Statistiche all’Università di Padova.
I primi segnali della malattia
Come scritto su “Fanpage”, il percorso di ripresa e il reinserimento nella società non sono stati semplici per Eleonora.
I primi sintomi della malattia sono arrivati all’improvviso, mentre stava tranquillamente mangiando un gelato. Da allora, ha iniziato piano piano a perdere l’appetito, il sonno e anche la capacità di parlare e ricordare.
La strada verso la guarigione è stata lunga e tortuosa, fin quando un barlume di speranza si è acceso grazie alla squadra di Neurologia dell’Ospedale Sant’Antonio di Padova
Dopo essere stata trasferita d’urgenza in rianimazione, infatti, i medici hanno deciso di provare una terapia sperimentale, con appena il 5% di possibilità di successo. Una scelta coraggiosa che ha permesso alla ragazza di riconquistare lentamente la sua vita.
Il ritorno in società e le sue difficoltà

Ripartire da zero non è semplice, soprattutto quando quello che si faceva automaticamente diventa una nuova cosa da apprendere. Nonostante ciò, Eleonora si è dimostrata determinata sin da subito a reinserirsi nella società e a costruire nuovi ricordi.
Come racconta lei stessa al “Corriere della Sera”:
È stata dura, durissima. Non riuscivo a ricordarmi nulla. Nemmeno dove si trovasse la mia cameretta dentro casa.
Ero in quarto superiore E ho dovuto ricominciare tutto dall’inizio, perfino imparare a leggere e scrivere.
A scuola purtroppo non ha trovato subito le porte aperte e chi pensava le sarebbe stato vicino, in realtà, si è dimostrato assente. Continua dicendo:
Diciamo che in questi momenti si capisce quali siano i veri punti di riferimento.
Accanto a me non sono mai mancati i miei genitori e mia sorella che ha due anni meno di me.
Grazie a loro, ma soprattutto grazie a me stessa ho trovato tutta la forza per ricominciare.
Studiare per gli esami dell’università non era semplice.
Ma nemmeno fare la maturità in quinta superiore lo è stato.
Purtroppo, nella vita bisogna arrangiarsi, tirarsi su le maniche e combattere. Non c’è altro da fare.
Ci ho messo il doppio dello sforzo, e quindi alla fine ce l’ho fatta.
Chi è e cosa fa oggi Eleonora Fabris?
Oggi è una ventiseienne forte, ambiziosa e con una grande esperienza alle spalle. È consapevole di potercela fare anche da sola, poiché gli unici su cui si può contare veramente siamo noi stessi.
Da un mese lavora in un’azienda di consulenza ingegneristica e il prossimo sogno nel cassetto è quello di andare a vivere in Spagna. Sicuramente è decisa a volersi realizzare nel lavoro e con il tempo capire cosa fare realmente.
Ai sedicenni di oggi che si trovano in una situazione simile alla sua direbbe:
Di non credere sempre che gli amici siano veramente amici.
Di capire chi lo è e di tenerselo stretto.
Vorrei però anche dire a chi si sente strano perché viene escluso per ragioni di questo tipo di capire che “quelli strani” sono gli altri, quelli che non comprendono.
Come lo sono gli adulti che non aiutano, i miei professori ad esempio.
Di fronte al bullismo, al silenzio sono stati zitti.
Nessuno ha fatto nulla.
Un messaggio simbolico e profondo, che spinge chi vive un brutto momento a non abbattersi mai e a trovare sempre la luce infondo al tunnel, anche quando si è da soli. Trovare la forza di farcela è sempre e comunque una buona idea.
Significative sono anche le pagine lasciate bianche alla fine della sua tesi di laurea, a rappresentare la volontà di aprire un dialogo su argomenti ancora poco conosciuti e a farsi portavoce di chi, come lei, ha vissuto la solitudine e la sofferenza di una malattia rara.
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